Scopri la storia del nostro territorio
Al contrario di quello che forse si può pensare, Concordia ha una storia importante, che merita di essere raccontata e conosciuta.
Voluta dalla famiglia Pico in difesa di uno dei suoi beni più preziosi, i Mulini natanti sul fiume Secchia, sono avvolte nel mistero sia l’origine del nome che la data di fondazione, anche se si presume che risalga alla prima metà del 1300, visto che la prima citazione è compresa tra il 1360 ed il 1368.
Prima della nascita di Concordia erano già esistenti le sue attuali frazioni Fossa e Vallalta, ma il fulcro vitale della zona erano il villaggio di Vicolongo e la Pieve di Santo Stefano, un insediamento medievale di grande importanza.
Concordia è sempre appartenuta ai Pico ed a loro deve i suoi fasti, che l’hanno portata a diventare prima Contea, tant’è che Giovanni Pico non manca di firmarsi “Conte della Concordia” e poi Marchesato, ma anche i suoi disastri, visto che a causa delle lotte interne alla famiglia Pico il paese è stato distrutto per ben 3 volte!
Concordia ha visto Papa Giulio II accamparvisi per assediare Mirandola e nella prima metà del ‘500 lo stato viene diviso in due per porre fine alle guerre con Mirandola, così per 20 anni Concordia è divenuta un piccolo stato indipendente. Poteva contare anche su importanti edifici storici, dei quali purtroppo non rimangono tracce, come Monasteri, il Palazzo Ducale usato come residenza estiva dai Pico o il Casino della Duchessa a Fossa.
Con la fine dei Pico nel 1711, Concordia entra a far parte dello stato Estense e perde così di importanza, anche se continuerà sempre ad essere terra di confine, prima tra lo stato dei Pico e quello dei Gonzaga, poi tra il Ducato di Modena ed il Regno Lombardo-Veneto ed infine, dal 1859 al 1866 tra Regno d’Italia e la provincia di Mantova ancora in mano agli austriaci.
Il nostro paese torna ad essere protagonista durante la seconda guerra mondiale, quando dopo l’armistizio dell’8 settembre ’43, il movimento partigiano concordiese è il più attivo della bassa modenese nella guerra di liberazione. I partigiani di Concordia conducono azioni importanti, la più nota è la “battaglia di Concordia”del luglio 1944. Per i suoi tanti morti, nel 1984 viene assegnata a Concordia la Medaglia di Bronzo al valor militare.
Dal dopoguerra fino agli anni ’70, Concordia come tutta la bassa modenese, vede l’esodo dalle campagne verso le aree industriali. Mentre il boom economico degli anni ‘60, vede la crescita delle attività artigianali, il proliferare di laboratori di maglieria e confezioni, l’insediamento di nuove imprese e l’ampliamento di quelle esistenti.
Poi nel 2012, arriva quello che nessuno si sarebbe mai aspettato, il terremoto. Un terribile terremoto che scuote il cuore dell’Emilia e provoca gravi danni ed una vittima nel nostro paese … e adesso lavoriamo per il completamento della ricostruzione e la rinascita di Concordia per la quarta volta nella sua storia.
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Le date importanti di Concordia da ricordare.
DATA |
AVVENIMENTO |
Prima citazione di VICOLONGO. Si hanno notizie fino al 962 |
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Prima citazione della PIEVE di SANTO STEFANO. Si hanno notizie fino al XII secolo |
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Viene eretto il CASTRUM di SANTO STEFANO. Si hanno notizie fino al 1300 |
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Prima citazione di CONCORDIA |
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Prima costruzione della Chiesa (in zona Molinella) |
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Realizzazione dell’OSPITALE di SAN LEONARDO con annessa chiesa |
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Concordia diventa Contea |
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Realizzazione del Forte-Castello di Concordia |
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1^ distruzione di Concordia (ad opera dei Francesi) |
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Concordia diventa uno Stato indipendente. Fino al 1533 |
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Fondazione della Chiesa di Santa Caterina e del Monastero Agostiniano |
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2^ distruzione di Concordia (ad opera degli Imperiali) |
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Concordia elevata al rango di Marchesato |
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Costruzione della Chiesa di Concordia dove si trova attualmente, dopo la distruzione a seguito di un alluvione |
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Realizzazione della CAVANA, il canale navigabile tra Mirandola e Concordia |
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I frati Cappuccini sono a Concordia con un loro Convento e relativa Chiesa |
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La peste a Concordia portata dai Lanzichenecchi |
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3^ distruzione di Concordia (ad opera dei Francesi) |
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1708 |
A seguito di un Editto Imperiale vengono eliminati i Molini dal Secchia |
Fine della dinastia dei PICO. Concordia e Mirandola vengono comprate all’asta dal DUCA di Modena. |
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Ricostruzione di Concordia a seguito della distruzione del 1704: nel 1718 ricostruita la Chiesa; nel 1720 il paese; nel 1732 il campanile |
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San Possidonio viene staccata da Concordia per diventare feudo del Marchese Tacoli |
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Ricollocazione di 4 Molini nel fiume Secchia |
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Viene soppressa la comunità di Concordia per essere inglobata da Mirandola |
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Soppressione dell’Ospitale di San Leonardo |
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Concordia torna ad essere una comunità indipendente, con solo Santa Caterina |
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Soppresso il Convento dei Cappuccini di Concordia. Convento e relativa Chiesa vengono abbattuti nel 1811 |
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Alla caduta di Napoleone, con il ritorno degli Estensi, il Duca Francesco IV aggiunge Fossa, Vallalta e San Possidonio al territorio di Concordia |
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Concordia e Mirandola passano dalla Diocesi di Reggio alla Diocesi di Carpi |
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Decaduta la dinastia Estense, Concordia entra a far parte del Regno Monarchico dei Savoia. Concordia perde San Possidonio e riottiene San Giovanni |
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A Concordia si tiene il 2° Congresso Eucaristico Diocesano |
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Concordia e la resistenza partigiana |
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A Concordia si tiene il 6° Congresso Eucaristico Diocesano |
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Viene assegnata a Concordia la Medaglia di Bronzo al valor militare per i fatti della resistenza |
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Terremoto in Emilia |
LA STORIA DI CONCORDIA
Le origini di Concordia e del suo nome
Il nome di Concordia viene menzionato per la prima volta in un documento del 1360, anche se lo storico Girolamo Tiraboschi indica che la prima citazione risale al 25 gennaio 1368. Si pensa comunque che nascita e sviluppo avvengano nella prima metà del Trecento, in concomitanza con la decadenza del centro di Santo Stefano e di un altro avvenimento molto importante per questo territorio, la deviazione dell’alveo del fiume Secchia. Nella seconda metà del Trecento Concordia diventa molto importante per i Pico, per la difesa dei mulini natanti che i Pico possiedono in questa zona della Secchia. Monsignor Antonio Bellini nella sua “Storia di Concordia” afferma che Concordia “sorse intorno al 1336 sul nuovo corso del Secchia, nella curia o corte di Santo Stefano, in territorio e diocesi di Reggio e sotto il dominio di un ramo dei Figli di Manfredo, forse i Pico”.
Una data certa è quella della costruzione della prima Chiesa di Concordia, che avviene nel 1396 sulle rive della Secchia, in zona detta Molinella. La realizzazione della chiesa è voluta da Francesco e Spinetta Pico, dopo che nel 1390 lo stato viene definitivamente assegnato a loro. La chiesa viene intitolata a San Paolo in ricordo di Paolo Pico loro padre.
Proprio l’assegnazione dello stato a Francesco e Spinetta, potrebbe essere il motivo dell’attribuzione del nome di “Concordia”, forse per ricordare la realizzazione di questo “concordato”, oppure perché questa assegnazione era considerata come la fine della discordie tra i Pico e quindi l’inizio della loro “concordia”. Rimanendo sempre sull’origine del nome, un’altra possibilità è che derivi dal “concordato” stipulato per effettuare la deviazione dell’alveo del fiume Secchia, avvenuta proprio nel Trecento, quindi in corrispondenza della nascita di Concordia.
Ma il mistero rimane…
Il fiume Secchia
La prima citazione del fiume Secchia, chiamato “Secula”, risale al 268 d.C. in occasione del rifacimento di un ponte presso Rubiera.
In epoca romana non viene citato tra gli affluenti del Po, probabilmente perché in questo periodo a nord di Modena va a confluire nello “Scoltenna”, l’attuale Panaro ed è identificabile con i paleoalvei che attraversavano San Pietro in Elsa, Staggia, San Felice e Massa Finalese.
Nel XI – XII secolo sono identificati i paleoalvei di San Prospero e Cavezzo. La Secchia non va più a nord di queste zone e si dirige verso Quarantoli e Gavello per andare a sfociare nell’antico fiume “Bondeno” e da qui in Po. Nella zona di Concordia è invece presente un diverso corso d’acqua, con una propria individualità: “la Muclena”.
Con il concordato del 1336, che assegna Modena a Obizzo d’Este e Carpi ai Pico, si decide di modificare il corso della Secchia per portarlo verso Concordia e l’attuale confluenza nel Po, in modo che “si dessero libero decorso alle sue acque”. Nel 1375 la monumentale opera ha già raggiunto Quistello. In un documento del 1387 è scritto che “villa Santo Stefano è delimitata ad est dal fiume Secchia”. Concordia diventa un nodo idraulico da dove partono diverse ramificazioni del fiume:
- sulla destra si stacca l’alveo artificiale di Fossa che prosegue per 8 Km verso Quarantoli;
- più a nord ha origine il paleoalveo di Vallalta, diretto verso le valli tra Quarantoli e Tramuschio ed un altro verso San Giacomo delle Segnate, con a sua volta molte ramificazioni a sinistra.
Nella seconda metà del XIV secolo è documentato l’intervento dei Gonzaga e del monastero di San Benedetto nel mantovano per regolare la difficile situazione idraulica.
Il primo straripamento importante della Secchia nel suo nuovo percorso si ha il 2 novembre 1454, quando dal castello di Quistello si può uscire in barca per raggiungere Mantova.
I mulini natanti
La Secchia diventa la sede dei mulini natanti, quando i Pico ottengono dall’Imperatore del Sacro Romano Impero il permesso di collocare come corpi feudali alcuni mulini nel fiume.
I mulini servono in prevalenza per la macinazione del frumento e del granoturco e anche per la follatura dei tessuti.
La prima trascrizione dei medesimi risale al 1566, registrati in appositi libri scritti a mano, denominati “Estimi di Concordia“ dove sono riportati i nomi dei loro proprietari e la loro collocazione, in totale sono 9. I mulini hanno funzionato fino al 1713, quando sorge la disputa con il confinante Ducato di Modena e Reggio, denominata “la questione dei mulini di Concordia“, accusati dagli Estensi di essere “la ruina dei Modenesi”, dato che ogni mulino aveva una chiusa trasversale all’alveo della Secchia, costituito da palizzate di pali di Rovere denominate “agucchie” o “gùcci”, ancora oggi presenti nei pressi del Mulino delle Decime o di sotto e visibili nel periodo di massima magra del fiume. Queste chiuse avendo solo due aperture, una di fronte alle ruote idrauliche del mulino e l’altra per il servizio del mugnaio, erano sbarramenti che in caso di piena rallentavano la corrente causando alluvioni nel tratto verso Modena. Sia i Pico che gli Estensi fanno eseguire perizie per documentare questa situazione di conflitto, ma nel frattempo il Ducato di Mirandola viene messo in vendita e acquistato proprio dagli Estensi di Modena, che ne approfittano per togliere tutti i Mulini, invitando i concordiesi ad andare a macinare nel grande Mulino Ducale della comunità di Modena, posto in una conca collegata con il canale Naviglio in centro a Bastiglia. Siamo nel 1713 e per 30 anni Concordia rimane senza Mulini. Nel frattempo sorgono 1 o 2 mulini a Bondanello. I mulini ritornano a Concordia nel 1743, quando a seguito dell’interessamento dei Marchesi Tacoli, vengono costruiti gli ultimi 4 mulini di cui si ha ancora memoria:
1) Mulino Tacoli di proprietà privata della famiglia;
2) Mulino di Mezzo posto presso l’omonima località, gestito dal comune di Concordia;
3) Mulino del porto presso il ponte, gestito anche questo dal comune di Concordia; 4) Mulino delle Decime o di sotto di cui si vedono ancora li “gùcci”, situato all’altezza della chiesa.
Gli ultimi 4 Mulini funzioneranno fin verso la fine del 1800, l’ultimo dei quali,il mulino del porto, funzionerà per un certo tempo in contemporanea con il mulino a vapore del 1884 (l’attuale “Vecchio mulino”) che verrà dopo alcuni anni fatto funzionare ad elettricità. A ricordo di tutti i mulini, ma in particolare degli ultimi 4, ci sono mappe e disegni, ma soprattutto un modello unico in Italia del “mulino del porto”, di proprietà del comune di Concordia conservato in una apposita teca nel palazzo Comunale. Il modello in legno in scala 1/10 circa, è stato costruito nel 1907 dal fabbro carraio Carlo Braghiroli, figlio del mugnaio Braghiroli.
Le origini delle frazioni
Due delle frazioni di Concordia, Fossa e Vallalta, nascono dalla parrocchia di “Quarantola” (già esistente intorno all’anno 1000) molti anni prima della nascita di Concordia; la loro presenza è infatti attestata nel 1252. Per questo motivo, per lungo tempo faranno parte del territorio di Mirandola.
Vallalta in origine aveva un’estensione maggiore dell’attuale, comprendendo parte dei territori di Malcantone e delle Segnate. Viene di nuovo citata in una lettera del 1376, in cui i Pico autorizzano il Vicario di Quistello a tagliare 500 piante. Sembra che a Vallalta fosse presente un piccolo agglomerato urbano già in epoca romana, probabilmente vista la sua posizione più elevata rispetto al resto del territorio.
La prima chiesa di Fossa, su cui è poi stata costruita l’attuale, era sicuramente originaria del Duecento. A Fossa presso Corte Vanina, sono stati trovati reperti che testimoniano l’esistenza di una “Terramara” (villaggio dell’età del bronzo tipico dell’Emilia), situata sopra ad una motta (detta il “Dosso dei Frati”) elevata di 1 metro, risalente all’età del Bronzo medio e recente (dal XV al XII secolo a.C.). I materiali recuperati in superficie e fino ad una profondità di un metro (ceramiche, anfore, strumenti domestici e vetri), attestano anche una frequentazione in età romana, dalla fine del II secolo a.C. fino al VII secolo d.C. Altra scoperta importante viene effettuata nel 1990 presso la Cava Pedocca, una cava per l’estrazione dell’argilla, posta sempre nella zona di Fossa. Qui sono stati ritrovati i resti di un antico bosco medievale: 146 resti lignei alla profondità di 3 metri inglobati nell’argilla, per lo più olmi e querce del diametro tra i 30 ed i 100 centimetri, alcuni lunghi fino a 9 metri. Probabilmente si trattava di un bosco esteso per alcuni ettari esistente nel periodo tra l’800 ed il 1200, che ad un certo punto è stato sommerso da un alluvione.
Nel 1520 nella attuale frazione di Santa Caterina vengono eretti l’attuale chiesa ed il monastero dei frati agostiniani. Gli agostiniani sono presenti a Concordia già da tempi precedenti, sembra che in origine si trovassero nella zona di Santo Stefano.
Probabilmente a causa della modifica dell’alveo del Secchia, effettuano un primo spostamento nel 1420, andando nella zona nord di Concordia in località “Ballantina”, nei pressi del “Bastione Santa Caterina”, all’inizio del’attuale via Paglierine. Poi nel 1514, non si sa per quale motivo, si spostano a Santa Caterina nell’allora chiamata Villa Florella, di cui rimane il ricordo nell’attuale Via Forella.
In occasione della visita pastorale del 1593, viene esposta al Vescovo di Reggio la difficoltà degli abitanti “d’oltre Secchia” (della odierna frazione di San Giovanni quindi) di raggiungere la chiesa di San Paolo, visto che spesso le comunicazioni con Concordia sono interrotte. Per cui il Vescovo ordina di costruire una cappella oltre Secchia con annessa una piccola casa per il cappellano. La cappella dedicata a San Giovanni Battista viene consacrata il 28 settembre del 1599 alla presenza di Federico II Pico. L’edificio sacro viene poi sostituito dall’attuale chiesa.
Vicolongo e la Pieve di Santo Stefano
Basandosi sulle date della prima attestazione documentata, la Pieve di Santo Stefano risulta essere la seconda nata nel territorio modenese, con data di riferimento del 841, successiva solo a quella di Ganaceto che fa riferimento all’anno 822.
L’insediamento di Santo Stefano è sicuramente il più importante della nostra zona in età medievale, quando ancora non esistevano Concordia, San Possidonio e Novi di Modena. Santo Stefano si trova attualmente nel comune di Novi al confine con la frazione di San Giovanni di Concordia, nei pressi della Strada Provinciale 8.
L’insediamento presentava due importanti realtà:
- Il “VICOS LONGUS”, Vicolongo, era un villaggio rurale di cui si hanno notizie dal 841 al 962. All’inizio del X secolo viene trasformato in un “CASTRUM”, per volere del Vescovo di Reggio (da cui il territorio dipendeva) e la prima citazione risale al 911 quando Re Berengario I ne autorizza la realizzazione. In pratica il villaggio viene fortificato con un fossato, un ampio terrapieno ed una palizzata, ma parte dell’area produttiva ne rimane all’esterno.
- La “PLEBS SANCTI STEPHANI”, la Pieve di Santo Stefano, il centro religioso di Vicolongo, di cui si ha traccia dall’anno 841 al XIII-XIV secolo e la cui ubicazione precisa è ancora incerta.
La citazione più antica del luogo è una carta del 18 giugno 841, dove “Griniberto del fu Dagiberto” per la salvezza della propria anima dona al Vescovo di Reggio tutto quanto possiede nel villaggio di VicusLongus, che si trova nella circoscrizione territoriale soggetta alla Pieve di Santo Stefano.
Il ridimensionamento di Santo Stefano si ha già nei primi anni del XI secolo, infatti viene nominato nel 1078 ormai come “villa”, cioè piccolo villaggio, la causa di questo declino sembra essere una tracimazione della Secchia, avvenuta nel 1056, che travolge ed impaluda le terre della Pieve.
Tra il XIII ed il XIV secolo Vicolongo subisce la trasformazione da villaggio a piazzaforte militare, probabilmente con una torre. Per questo motivo Santo Stefano viene poi citato in diversi fatti d’armi.
Nel 1368 ormai Santo Stefano è solamente una “motta” (una piccola altura su cui si trova un vilaggio), in un diploma di Carlo IV di Lussemburgo viene anche citato Santo Stefano come la “motta dove un tempo era situato il castello”.
Resta da stabilire se la decadenza di questo importante centro favorisca il sorgere di Concordia, voluta dai Pico a ridosso del nuovo alveo del fiume Secchia o se invece ne sia una conseguenza.
Nel 1445 un accordo tra i Pio ed i Pico sancisce la divisione territoriale che troviamo ancora oggi, con i Pico che cedono ai Pio i loro possedimenti roveretani e ne ricevono in cambio le terre agricole di Santo Stefano.
La Contea di Concordia
Concordia in breve tempo diviene il centro più importante dello stato dei Pico, dopo Mirandola. La sua importanza viene riconosciuta nel 1432, quando viene investita del titolo di “contea” dall’Imperatore Sigismondo di Lussemburgo, che al suo ritorno da Roma per l’incoronazione, si ferma a Mantova per nominare i Gonzaga marchesi e nominare Giovanni e Francesco Pico “Conti di Concordia”. Probabilmente proprio in omaggio all’Imperatore Sigismondo, i Pico adottanolo storico emblema del Lussemburgo come stemma di Concordia ed ancora oggi i due gonfaloni sono rimasti molto simili.
Le lotte interne alla famiglia Pico
Quando nel novembre del 1467 muore Gian Francesco Pico signore della Mirandola e conte di Concordia, gli succedono i figli Antonio Maria, Galeotto e Giovanni.
Giovanni si dedica agli studi senza mai interessarsi alle lotte per il potere, che si scatenano invece tra i suoi due fratelli e che coinvolgono anche Concordia.
E’ Galeotto ad impossessarsi del potere imprigionando il fratello. Antonio Maria chiede così aiuto al Papa, questi invia un esercito che il 12 Novembre 1483 entra a Concordia e ne prende possesso. Quando l’esercito sta per attaccare Mirandola, interviene il Duca di Ferrara, Sigismondo d’Este, che media la pace tra i due fratelli e viene stabilito che Antonio Maria si può insediare nella Rocca della Concordia, mentre Galeotto tiene il controllo di Mirandola, resta ben inteso che lo stato rimane comunque uno solo, indivisibile.
Ma nonostante questo accordo i dissidi e le contese tra i due fratelli continuano. La notte del 28 gennaio 1488, Galeotto arma i suoi uomini e tenta l’assalto al castello di Concordia. Vengono piazzate delle zattere nel fossato, sulle quali si issano delle scale che appoggiano alle mura per tentarne la scalata. Ma Concordia è pronta ad accogliere gli assalitori, così i mirandolesi vengono respinti a colpi di picche (arma costituita da una punta metallica fissata su di un’asta di legno lunga tra i 4 ed i 6 metri), travi e sassate, molti cadono nel fossato, le zattere vengono affondate. Alla fine tra gli uomini di Galeotto si contano 25 morti, per lo più annegati.
Alla morte dei due fratelli, l’Imperatore assegna lo stato a Giovan Francesco, figlio primogenito di Galeotto, che con la forza prende possesso anche di Concordia.
Ma nella famiglia Pico non c’è pace, adesso sono infatti gli altri figli di Galeotto, Lodovico e Federico a far guerra al fratello. Stringono una serie di alleanze con il Marchese di Mantova, il Duca di Ferrara ed il Gran Maresciallo di Francia Giacomo Trivulzio (suocero di Lodovico) e nel 1502 invadono lo stato con un esercito di mercenari, attaccano Concordia e mettono sotto assedio Mirandola che capitola dopo più di 50 giorni. Lodovico e Federico sono i nuovi padroni dello stato, protetti dalle truppe francesi del Maresciallo Trivulzio. Cercano anche di ottenere l’investitura ufficiale da parte dell’Imperatore, ma quando questa gli viene assegnata sono entrambi ormai morti, così vengono investiti dello stato la moglie di Lodovico, Francesca Trivulzio (figlia del Gran Maresciallo Trivulzio) e suo figlio Galeotto, estromettendo Giovan Francesco.
La prima delle tre distruzioni di Concordia
Giovan Francesco non si dà certo per vinto. Quando Papa Giulio II, alla guida della “Lega Santa” (formata dalla Repubblica di Venezia, dal Re di Sicilia, dai Cantoni Svizzeri e dal Papa che l’ha voluta per arginare le mire espansionistiche della Francia in Italia), muove contro il Ducato di Ferrara (alleato dei francesi), Giovan Francesco, grazie all’intervento del cugino Alberto Pio, consigliere del Papa, riesce a convincere quest’ultimo ad effettuare una “piccola deviazione”, per andare ad attaccare Mirandola, essendo anch’essa sotto il controllo delle truppe francesi e per evitare di lasciarsi alle spalle una importante roccaforte francese.
L’esercito papale al comando del Duca di Urbino si accampa a San Felice per predisporre l’attacco a Mirandola, mentre un esercito degli alleati veneziani muove contro Concordia.
Siamo nel dicembre del 1510 e si sta vivendo uno degli inverni più freddi che si possano ricordare. Un cronista scrive che la neve iniziata a cadere a dicembre, è rimasta per terra fino ad aprile, le viti muoiono per il freddo e gli alberi si spezzano per il gelo, il Po ghiacciato viene attraversato dai carri.
I veneziani arrivano sotto le mura della Rocca di Concordia il 17 dicembre e la mettono sotto assedio. Alle ore 20 parte l’attacco al borgo con la fanteria, alle 23 iniziano a bombardare con le batterie di cannoni fino alle 3 del mattino. I concordiesi rifugiati nella rocca non possono far altro che arrendersi. Il 19 dicembre Concordia è così in mano all’esercito di Venezia, che vi piazza il suo quartier generale.
L’assedio di Mirandola invece va per le lunghe, così Papa Giulio II decide di prendere egli stesso il comando delle operazioni. A seguito di una indisposizione, il pontefice deve però allontanarsi dal campo di battaglia e trova alloggio nel castello di Concordia.
La conquista di Mirandola avviene il 20 gennaio 1511, Giulio II entra nella città da vincitore e la consegna a Giovan Francesco, mentre Francesca Trivulzio ripara presso le truppe francesi accampate a Correggio.
Il maresciallo Trivulzio,che si trova alla corte di Parigi per fare da padrino alla figlia di Re Luigi XII, appresa la notizia della cacciata della figlia, nonostante il grande freddo ed i suoi 70 anni, parte subito per l’Italia.
Raggiunge l’accampamento francese di Correggio, ne prende il comando e riorganizza le truppe. Ai primi di maggio alla testa di 2.000 uomini si presentano sotto la Rocca di Concordia e il maresciallo Trivulzio ne chiede la resa. Il comandante del presidio del paese, Geronimo Possidonio, rifiuta e si prepara alla difesa con i suoi 50 uomini e 500 soldati pontifici. Il Trivulzio affida l’attacco a diverse batterie di cannoni ed in breve tempo ottiene la vittoria.
L’8 maggio Concordia viene messa al sacco dalle truppe francesi, le case vengono bruciate, le donne violentate, tra i soldati pontifici si contano 400 morti.
Il maresciallo Trivulzio, lascia un importante numero di fanti a difesa di Concordia e si porta alla volta di Mirandola, che conquista il 4 giugno, cacciando Giovan Francesco, per poi proseguire la sua serie di vittorie portando tutta l’attuale Emilia-Romagna sotto la bandiera francese. Il Papa e la sua Lega Santa vengono salvati dall’intervento di un corpo di 20.000 soldati svizzeri che sbaragliano i francesi costringendoli al ritorno in patria.
Concordia è uno stato indipendente
A seguito della guerra tra la Lega Santa e la Francia, nell’agosto del 1512 si tiene un congresso a Mantova per cercare di sistemare la situazione politica italiana, tra cui anche la questione dello stato dei Pico. In questa sede viene presa una decisione temporanea, per un anno Giovan Francesco risiederà a Concordia e la contessa Trivulzio a Mirandola.
Trascorso l’anno e precisamente il 12 ottobre 1513 viene emessa la sentenza definitiva, lo stato dei Pico viene diviso in due parti indipendenti:
- a Giovan Francesco viene assegnata la città di Mirandola e metà dei territori dello stato, con il pagamento di 10.000 scudi alla contessa;
- alla contesa Trivulzio viene assegnata Concordia e l’altra metà dei territori dello stato: San Possidonio, Fossa, Villanova, Vallealta, Tramuschio, Nosadella, Roncole, Villa Florella (Santa Caterina) e tutti i “casamenti” oltre il Secchia. Vengono inoltre assegnati alla Trivulzio gli affitti dei mulini e del porto sulla Secchia.
Il 20 agosto 1514 viene effettuato lo scambio delle residenze.
La guerra ha distrutto Concordia, sono rimasti in piedi solo il castello, la torre dell’orologio e pochi altri edifici. In breve tempo i concordiesi ricostruiscono il loro paese, compresa una nuova chiesa, che distrutta nel 1510 nel 1521 è già completata, sempre in zona Molinella.
La divisione imposta, non porta però gli effetti sperati, in quanto Giovan Francesco rivuole lo stato riunito tutto per sé e così già l’anno seguente ricominciano le lotte e gli attacchi da una parte e dall’altra. La contessa Trivulzio chiede protezione a Luigi Gonzaga, che invia soldati in suo aiuto.
Nell’aprile del 1516 Giovan Francesco effettua un importante attacco. Un gran numero di suoi soldati si accampano presso il monastero degli agostiniani di Santa Caterina e con i loro pezzi di artiglieria, 1 cannone, 2 mezzi cannoni, 1 mezza colubrina ed alcuni falconetti, all’alba attaccano il bastione di Santa Caterina per cercare di entrare nel borgo. Viene anche tentato un assalto, ma l’attacco viene respinto e gli assedianti si ritirano a Villanova verso Fossa, dopo aver lasciato sul campo 40 morti e 70 feriti.
A fine maggio arrivano i rinforzi inviati dal Maresciallo Trivulzio, una compagnia di 100 cavalli leggeri comandata da “Ottobuono de Techi o Terzi” che diventa il Governatore di Concordia.
Nel luglio del 1517, anche Camillo Trivulzio interviene a protezione della sorella Francesca, con un esercito di 3.000 fanti e 200 cavalieri. Mette sotto assedio Mirandola, ogni giorno ci sono scaramucce, l’assedio viene tolto spontaneamente dopo 50 giorni.
Alla partenza di Camillo riprendono gli attacchi da parte di Giovan Francesco, uno dei più importanti si ha il 12 agosto. Viene portato dal figlio di Giovan Francesco, Giovan Tommaso, alla guida di un esercito composto da 400 tedeschi, 300 spagnoli, 200 corsi e 400 mirandolesi. L’esercito di accampa a Fossa ed a Santa Caterina e mette sotto stretto assedio Concordia. I concordiesi giocano d’astuzia e fanno circolare tra il popolo ed anche fuori dalle mura la voce, assolutamente falsa, che presto sarebbero intervenute le truppe del Marchese di Mantova per liberarli. La notizia fa talmente preoccupare Giovan Francesco, che inizia a pensare di abbandonare l’impresa. I concordiesi saputo delle forti preoccupazioni del Duca di Mirandola tentano la sortita: 30 cavalieri armati di mazze e spade, una notte escono di nascosto dalle mura e si nascondono nei boschi verso il mantovano; all’alba escono all’improvviso e si scagliano contro l’accampamento nemico al grido di “soccorso, soccorso!”, fingendo di essere l’esercito dei Gonzaga. Attaccano in due punti diversi con tanto impeto da rompere il cordone di guardia. Dalla Concordia esce Ercole Mantovani Ferrari con 30 uomini ed attacca il campo mirandolese da un terzo punto a colpi di archibugio e spada. Il campo non riesce più a serrarsi, la fanteria viene messa in rotta, dal disordine creato nel campo molti soldati fuggono e molti altri si arrendono. Gli unici a rimanere compatti sono i soldati corsi che trovano riparo tra gli alberi. Giovan Francesco ed il figlio riescono a rifugiarsi a Mirandola perdendo tutta la loro artiglieria.
Si riesce ad ottenere una tregua nel 1518, quando il 16 aprile i mirandolesi che avevano inseguito la contessa Trivulzio fino a Concordia, vengono convinti alla firma da un frate del convento di Santa Caterina, che espone solennemente il SS Sacramento davanti ad un oratorio di Concordia (forse quello posto nell’ospitale di San Leonardo).
Intanto nel 1517 la contessa Trivulzio aveva sposato segretamente “Ottobuono de Techi”, ma questo matrimonio è mal visto dai suoi alleati, perché preoccupati che lo stesso Ottobuono ed i suoi eventuali eredi, possano avere pretese sulla successione dello stato, che tutti considerano un diritto di Galeotto, il figlio della Trivulzio e di Lodovico Pico. Questo è il motivo per cui il fratello della contessa abbandona l’assedio di Mirandola del luglio dello stesso anno.
La contessa Trivulzio stanca di questi continui problemi, nel 1518 tratta con Giovan Francesco per arrivare ad un compromesso: avrebbe rinunciato a Concordia in cambio di una decorosa residenza a Mirandola con alcuni possedimenti per lei ed il marito Ottobuono. Il Marchese di Mantova ed il signore di Bozzolo, tutore di Galeotto, considerano questo accordo come un tradimento da parte della contessa. Verso la fine dell’anno, inviano a Concordia 50 uomini, occupano una delle porte d’entrata, uccidono le guardie ed il loro capitano. Sfondano la porta della camera da letto della Trivulzio, catturano Ottobuono che nel frattempo si è nascosto sotto il letto e lo impiccano pubblicamente.
Uscita di scena Francesca Trivulzio, Federico da Bozolo, tutore di Galeotto, manda a Concordia Andrea Birago al comando di 400 soldati.
Il 25 gennaio 1522 il governo imperiale annuncia che Concordia deve rimanere uno stato indipendente governato da Galeotto II Pico, figlio di Lodovico Pico e Francesca Trivulzio. Galeotto, che ha solo 14 anni, si reca di persona alla corte imperiale di Spagna per ricevere l’investitura dall’Imperatore Carlo V d’Asburgo.
In dicembre si ha un avvenimento importante, quando Concordia ospita il Viceré di Napoli Charles de Lannoy con al seguito 200 cavalieri.
Passano alcuni anni e Galeotto II diventa adulto, forte dell’entusiasmo giovanile nel 1528 tenta la presa di Mirandola per due volte senza successo.
Nel 1530 Giovan Francesco e Galeotto II chiedono all’Imperatore di pronunziarsi sulla loro situazione, ma Carlo V passa la questione alla Rota di Bologna. Dopo 3 anni non viene emessa ancora nessuna sentenza.
Così Galeotto, nella impazienza dei suoi 25 anni, si lascia convincere a compiere “il grande delitto”. La notte del 15 ottobre 1533 si riuniscono nella rocca di Concordia una quarantina di persone sotto la guida di Bartolomeo Brugnolo. Si recano a Mirandola dove attraversano il fossato a bordo di una barca. Uno di loro si arrampica sulle mura, poi lancia delle funi per far salire anche gli altri congiurati. Una volta nel castello non trovano nessuna difesa, così riescono a raggiungere senza problemi la stanza di Giovan Francesco, che sta pregando ai piedi del Crocefisso e lo uccidono con una spada a due mani. La moglie viene colpita con un archibugio al petto e ferita. Vengono uccisi anche il secondogenito Alberto, accorso in aiuto del padre e Galeotto fratello di Giovan Francesco, affacciatosi ad una finestra per vedere cosa stesse succedendo, viene colpito da una archibugiata e muore dopo alcuni giorni.
I congiurati in breve tempo ottengono il controllo della cittadella e dalle mura proclamano alla popolazione che otterranno il perdono se accettano Galeotto come loro signore, così due giorni dopo i mirandolesi giurano fedeltà a Galeotto II.
Con questo tragico fatto di sangue finisce anche l’indipendenza di Concordia, che per circa 20 anni, può vantarsi di essere stata uno stato autonomo.
La seconda delle tre distruzioni di Concordia
Il governo imperiale saputo dell’omicidio ordina al governatore di Milano di mettere sotto processo Galeotto e togliergli tutti i domini. Galeotto si dichiara innocente e rifiuta di presentarsi in tribunale, così l’autorità imperiale lo dichiara ribelle e decaduto dei suoi feudi e diritti. Viene investito della signoria di Mirandola Gian Tommaso Pico, primogenito di Giovan Francesco e viene dato ordine al governatore di Milano di portarsi a Mirandola con un congruo esercito per fronteggiare Galeotto che rimane asserragliato dentro Mirandola.
L’esercito composto da 3.000 fanti e cavalieri arriva nei nostri territori distruggendo ogni cosa. Inizia così la sventura anche per Concordia, che vedrà uno dei periodi peggiori della sua storia.
Un primo grave danno a Concordia viene compiuto dallo stesso Galeotto, che il 17 dicembre 1534, per evitare che il paese possa divenire una base di appoggio per le forze Imperiali da cui attaccare Mirandola, ordina la distruzione del castello e della rocca, facendo gettare le pietre nel fossato.
Galeotto chiede protezione al Re di Francia Francesco I, diventando un vero e proprio traditore dell’Imperatore che il 1 luglio 1536 aizza tutti i principi ed i popoli del Sacro Romano Impero ad occupare i beni di Galeotto ed arrecargli più danni possibili.
Per primi arrivano 9.000 Lanzichenecchi, che demoliscono completamente il centro di Concordia, ulteriori 200 case nei dintorni ed i mulini natanti. Seguono poi altri tre eserciti, ma ormai è rimasto ben poco da saccheggiare.
Arriviamo nel 1537, con Galeotto ancora rinchiuso dentro Mirandola protetto da forze francesi e Concordia, o meglio ciò che ne resta, in mano all’esercito imperiale, pronto ad impossessarsi di Mirandola, che riesce però a liberarsi con uno stratagemma. Gli uomini di Galeotto fanno credere che stiano per arrivare oltre 2000 uomini in loro aiuto. Il comandante degli imperiali, Ippolito da Correggio, giovane e inesperto cade nel tranello,così la notte del 16 maggio 1537 abbandona il suo quartier generale di Concordia con al seguito 800 fanti e 400 cavalieri e passa il fiume Secchia. Il giorno dopo Concordia viene occupata da 400 fanti e 80 cavalieri usciti da Mirandola.
Concordia e Mirandola sono di nuovo riunite, sotto Galeotto II con la protezione francese. Negli anni successivi la situazione di stabilizza, ci sono diverse scaramucce tra francesi ed imperiali, ma niente di rilevante. Questa relativa calma permette di procedere con la ricostruzione di Concordia.
Il Marchesato di Concordia
Nel 1550 muore presso la corte di Francia, Galeotto II all’età di 42 anni, gli succede il figlio Lodovico II.
In questi anni nasce una nuova contesa tra Impero e Papa da una parte e Francia dall’altra, relativa al possesso della città di Parma. Lo stato pichense essendo sotto il controllo francese e vicino a Parma, non può passare indenne da questa guerra, così nel luglio 1551 l’esercito pontificio di Papa Giulio III del Monte, con 10.000 uomini mette sotto assedio Mirandola e abbatte i mulini sulla Secchia di Concordia.
Mirandola resiste a 10 mesi di assedio, fino alla fine della guerra, sul campo rimangono 3.000 pontifici uccisi e 75 francesi del presidio di Mirandola.
Le disavventure di Concordia continuano con una disastrosa alluvione della Secchia nel 1559 e con un inverno particolarmente rigido l’anno successivo che portano carestie e fame.
Lodovico II muore nel 1568 a 41 anni, forse per avvelenamento. Gli succedono i tre figli, Galeotto, Federico e Alessandro, sotto la saggia tutela della madre Fulvia da Correggio. Nel 1588 usciti dalla tutela della madre, Alessandro entra nel clero, così salgono al potere Galeotto III e Federico II, che 5 anni dopo prendono la decisione di abbandonare la protezione francese per ritornare tra le braccia dell’Impero dopo 60 anni.
L’Imperatore Rodolfo II per riconoscenza innalza Mirandola al rango di Principato e Concordia a quello di Marchesato, con diploma imperiale del 1597.
Il secolo d’oro di Concordia
Galeotto III e Federico II muoiono entrambi giovani, rimane così solo Alessandro, che è costretto a troncare la carriera ecclesiastica per salire alla guida dello stato nel 1602, all’età di 36 anni. Alessandro diventa un ottimo governatore e il 16 marzo 1617, l’Imperatore Rodolfo gli concede il titolo di Duca di Mirandola, dovrà però affrontare una terribile sciagura: la peste.
Nel 1627 nell’ambito della Guerra dei Trent’anni scoppia il conflitto tra Francia ed Austria per la successione di Mantova. Dall’Austria scendono le orde dei Lanzichenecchi, 28.000 fanti e 7.000 cavalieri, che portano devastazione e la famosa peste di cui si parla nei Promessi Sposi.
Devastano il Ducato di Mantova, ma attraversano anche il confine e 3.000 fanti e 1.000 cavalieri invadono Concordia, Fossa, Vallalta e San Possidonio. Siamo nella primavera del 1630 e poche sono le case e gli alberi che rimangono in piedi.
Il Duca Alessandro per proteggere la popolazione, la chiama all’interno della città, ma questo porta ad una terribile carestia, visto che nessuno poteva coltivare i campi ed al diffondersi della peste a causa del caldo e delle tante persone ammassate in città. Tutte le abitazioni sono stipate all’inverosimile e molte persone sono costrette a vivere per strada.
I numeri che si conoscono riguardo le vittime della peste sono:
- 500 morti a Vallalta, con soli 450 sopravissuti;
- più di 300 morti a Fossa;
- a Concordia i morti accertati sono 800, su di una popolazione di circa 3.000 persone, ma probabilmente il numero reale dei morti è più alto;
- in tutto il Ducato si contano 4.520 morti, su di una popolazione di 14.000 persone.
Tra le vittime di Concordia si ricorda anche il parroco Don Ottavio Regnini, morto dopo essersi prodigato per assistere i colpiti dalla tremenda malattia.
Il Duca Alessandro impegna i suoi gioielli fin quasi al fallimento per comprare frumento dal ferrarese e poter dare da mangiare al suo popolo.
Terminata la guerra e passata la peste Alessandro inizia la ricostruzione del territorio, ma muore nel 1637, dopo 35 anni di regno, quando la ricostruzione è in corso. Gli succede Alessandro II, nipote di Alessandro, figlio del suo primogenito Galeotto, che è già morto.
Alessandro II ha solo 6 anni, così sale al potere solo nel 1648, appena compiuti i 18 anni. Alessandro II viene considerato come il Salomone di Mirandola, pacifico, giusto e sapiente riesce a mantenere la quiete nel suo stato e ad incrementarne il benessere.
Alessandro II sceglie Concordia come luogo di villeggiatura estiva, facendo costruire un magnifico Palazzo Ducale all’interno del borgo ed il “Casino della Fossa” dedicato ad ospitare la duchessa sua moglie.
Muore il 3 febbraio 1691.
E’quindi grazie ad Alessandro I e ad Alessandro II, che il 1600 può essere considerato come il secolo d’oro di Concordia per il fervore di opere religiose e civili che vediamo descritte nel “Gli edifici storici di Concordia”.
In questo disegno presente nella “Ricostruzione ideale” di L. Confortini , tratto dal libro “Segni di fede” di don Franco Tonini, edito nel 1999, è rappresentata Concordia nel ‘600. Si possono notare l’imponenza del Palazzo Ducale e dei suoi giardini, il borgo con il piazzale antistante la chiesa, la cavana ed alcuni mulini sulla Secchia.
La terza distruzione di Concordia
Alla morte di Alessandro II nel 1691, gli succede il nipote Francesco Maria, che è solo un bambino, quindi la reggenza viene affidata a Brigida, sorella di Alessandro II ed alla figlia minore di Alessandro, Isabella.
Agli altri figli di Alessandro II, Galeotto, Giovanni e Lodovico, spetta solo una rendita annua di 500 ducati, della quale però non si accontentano.
Nel maggio del 1691 i tre fratelli si impadroniscono del Palazzo Ducale di Concordia e vi rimangono tutta l’estate. Tra il popolo si inizia a formare un importante partito schierato con i tre fratelli, soprattutto visto il caratteraccio di Brigida, superba, dura e ostinata. In agosto circola la voce che i tre vogliono avvelenare Francesco Maria, inizia così un processo lungo e complicato che dura 6 anni, il verdetto vede i tre principi scagionati da ogni colpa.
Il principe Giovanni si presenta a Concordia il giorno della fiera di Ognissanti del 1696, dove riunisce un partito che appoggi lui ed i fratelli (da notare che questa è la prima citazione che abbiamo sulla fiera di Concordia). Il 3 novembre arriva a Concordia per unirsi al fratello anche Galeotto. Da qui minacciano di attaccare Mirandola, ne devastano le campagne ed interrompono le vie di accesso.
Il 24 gennaio 1697 arrivano a Concordia 200 militari spagnoli a tamburo battente, vi rimangono fino al 31 gennaio, per poi entrare in Mirandola per proteggere Brigida.
Alla morte del Re di Spagna, Carlo II, scoppia una nuova guerra per la sua successione che vede da una parte Francia e Spagna e dall’altra l’Imperatore, Olanda ed Inghilterra.
Le truppe imperiali, comandate dal Principe Eugenio di Savoia, occupano immediatamente Mantova che è alleata dei Francesi. Da qui, il Principe Eugenio scrive una lettera a Brigida per invitarla a cacciare dal Ducato di Mirandola il presidio spagnolo che vi si trova. Il 22 dicembre 1702, Brigida con uno stratagemma mette agli arresti i comandanti delle forze spagnole e francesi che vengono cacciate fuori dalla città dalla popolazione. In questo modo passano sotto l’ala imperiale Mirandola e Concordia, qui viene formato un presidio di 50 uomini presso il Forte Corbelli, composto da tedeschi, napoletani e ussari a cavallo.
Nel frattempo i franco-spagnoli cacciati da Mirandola l’anno precedente, si sono accampati nei dintorni, da dove effettuano continue scorribande nei territori di Concordia e Mirandola, rubando, uccidendo e danneggiando in ogni modo la popolazione. Addirittura, in occasione dell’anniversario della loro cacciata, tagliano l’argine della Secchia a Santa Caterina all’altezza di quella che ancora oggi porta il nome di Via Taglio, inondando gran parte dei territori del Ducato.
I soldati del presidio di Concordia compiono continue scorrerie verso la francese Carpi, il cui comandante riunisce una truppa composta da 2.000 tra fanti e cavalieri, per marciare verso Concordia. Vi giungono il sabato prima della domenica delle palme, il 14 marzo 1704, scacciano senza sparare un colpo il presidio imperiale impossessandosi del Forte Corbelli. Saccheggiano il borgo di Concordia e tutto il territorio (tranne il convento dei cappuccini e la chiesa), per poi ripartire verso il Bondanello, lasciando un loro presidio a Concordia.
A questo punto ci si trova nella condizione in cui Mirandola è sotto il controllo imperiale, mentre Concordia è in possesso dei francesi.
Quasi tutta la popolazione concordiese fugge nelle campagne, per paura dei nuovi arrivati. Molti però muoiono annegati dalle acque del Secchia che ancora scorre nelle campagne a causa del taglio dell’argine effettuato dai franco-spagnoli. Il nuovo presidio è comandato dall’irlandese MonsuVacobk, che già il giorno successivo inizia i lavori per migliorare la difesa del forte, ma va su tutte le furie perché vista la fuga della popolazione nelle campagne, non ha uomini a disposizione per effettuare i lavori.
Il martedì della settimana santa ordina la distruzione di tutte le case del “Borgonovo”, l’attuale Via Mazzini, il mercoledì vengono bruciate le case vicino alla Secchia, dalla piazza fino alla casa a fianco della chiesa.
Il giovedì ed il venerdì santo si ferma tutto, il venerdì sera il comandante manda a chiamare il parroco, per comunicargli che ha 3 ore di tempo per vuotare la chiesa, perché poi tutta Concordia verrà bruciata. Il parroco riesce a mettere in salvo i libri dei battesimi, dei morti e dei matrimoni, poi a mezzanotte viene appiccato il fuoco alla chiesa ed alle case.
Rimangono in piedi solo la facciata della chiesa, le mura del Palazzo Ducale ed il Forte Corbelli in cui si trova il presidio.
La fine dello stato dei Pico
Il Duca Francesco Maria, che ha soli 15 anni, il 2 aprile 1704 è a Concordia e dichiara che la reggente Brigida aveva scacciato le truppe franco-spagnole senza il suo permesso, quindi con il manifesto pubblicato il 7 aprile 1704 a Concordia, si sottopone ufficialmente alla protezione di Francia e Spagna, Concordia già lo è, ma Mirandola è ancora sotto la protezione Imperiale.
Si verificano diverse scaramucce tra le due città, finché i francesi di Concordia mettono sotto assedio Mirandola e dopo 600 cannonate riescono ad impadronirsene, consegnandola a Francesco Maria, che riunisce il Ducato sotto il suo controllo con gli alleati francesi.
Ma il 4 luglio 1704, Francesco Maria viene dichiarato colpevole di fellonia e di lesa maestà verso l’Imperatore, per essersi dato ai francesi, di conseguenza Mirandola e Concordia gli vengono tolte per essere assegnate all’Impero, anche se vi si trovano ancora i presidi francesi.
Nel 1706, Eugenio di Savoia scende dal Tirolo con il suo esercito imperiale. Il 3 agosto è a Concordia, imprigiona il presidio che vi si trova, passa il Secchia e si dirige verso Carpi.
Nel marzo del 1707 il Ducato di Mirandola e quello di Mantova, vengono abbandonati dai soldati francesi, con il conseguente ritorno degli imperiali.
Nel novembre del 1705 l’ennesimo disastro si abbatte su Concordia, il crescere delle acque causa la rottura degli argini del Po, del Secchia e del Panaro, con la rovina di case, raccolti e la morte di molte persone. Le campagne rimangono paludose per diversi anni.
Nel 1708 per ordine imperiale vengono tolti i molini natanti dalla Secchia, con la motivazione che sono causa di straripamenti del fiume e perché impediscono la chiusura della breccia nell’argine effettuata dai franco-spagnoli.
L’8 gennaio 1710 viene letta la sentenza definitiva, che toglie ai Pico il loro stato.
L’8 febbraio Concordia e Mirandola vengono poste all’asta. I Pico provano a ricomprare il loro stato con denaro prestato dal Papa, ma inutilmente. Un’altra offerta viene effettuata da don Odescalchi, nipote di Papa Innocenzo XI, ma viene rifiutata.
L’offerta vincente è quella del Duca di Modena Rinaldo, di 175.000 doppie di Spagna. La notizia viene ufficializzata nel marzo del 1711. Da questo momento fino all’investitura ufficiale del Duca di Modena, viene inviato come governatore di Concordia e Mirandola il Conte Achille Tacoli.
A seguito della vendita, molti dei nobili abbandonano lo Stato per seguire Francesco Maria, solo alcuni vi faranno rientro anni dopo.
Il Professor Bruno Andreolli nel suo libro “Signori e contadini nelle terre dei Pico”, riporta la seguente descrizione dei festeggiamenti per il cambio di proprietà dello stato, tratta dagli “Annali” dello storico Papotti: “… il conte Achille Tacoli, dopo la Messa solenne e il canto del Te Deum, diede l’annuncio ufficiale del passaggio di Mirandola a Rinaldo I d’Este, dai balconi del palazzo ducale furono lanciate monete (…) incitando la plebe a gridare: Viva il Duca di Modena nostro sovrano. Invece di ciò piangevano tutti, anche le persone più nobili …”.
Nel frattempo a Concordia, la ricostruzione a seguito della distruzione del 1704 va a rilento a causa delle avversità degli elementi.
L’inverno del 1709 passa alla storia come uno dei più freddi mai registrati. Tutto inizia il giorno dell’Epifania, quando si alza un vento così acuto e così freddo che in tre giorni tutti i fiumi sono ghiacciati. Passati tre giorni, cade tanta neve come non si era mai vista. Dopo la nevicata, arriva il sereno che permane per 15 giorni con un freddo tanto intenso che la neve rimane fino a marzo. Il pane si congela, il vino ghiacciato non si riesce ad estrarre dalle botti, la minestra bollente in tavola congela in pochi minuti. L’acqua gettata in terra congela subito. La carne cruda diventa dura come pietra, tanto che occorre metterla più volte nell’acqua bollente per utilizzarla. Nessuno riesce a lavorare, le viti si seccano, tutte le coltivazioni patiscono molto, causando una grande carestia di cibo che si protrae fino alla primavera del 1710.
Queste le testimonianze presenti in varie fonti dell’epoca. La situazione porta a nobilitare la polenta, che fino ad allora non aveva trovato spazio nemmeno sulle tavole dei concordiesi più poveri, ma in questi mesi di carestia iniziano a mangiarla tutti, nobili compresi, tanto che viene coniato il detto “la polenta va in carrozza”.
INSERIRE TABELLA DEI SOVRANI
PERIODO |
A MIRANDOLA |
A CONCORDIA |
1354 |
I fratelli FRANCESCO, TOMMASINO, SPINETTA e PRENDIPARTE, figli di PAOLO PICO, ottengono l’investitura di Quarantola e San Possidonio |
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… – 1467 |
GIANFRANCESCO PICO |
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1467 – 1499 |
GALEOTTO |
ANTONIO MARIA alleato con il Papa ed i Gonzaga |
1499 – 1502 |
GIOVAN FRANCESCO (figlio di GALEOTTO) |
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1502 – 1509 |
LODOVICO e FEDERICO PICO alleati con la Francia, i Gonzaga ed il Duca di Ferrara |
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1509 – 1510 |
FRANCESCA TRIVULZIO (moglie di LODOVICO) alleata con la Francia |
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1511 |
GIOVAN FRANCESCO alleato di Papa GIULIO II |
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1512 – 1513 |
FRANCESCA TRIVULZIO |
GIOVAN FRANCESCO |
1514 – 1519 |
GIOVAN FRANCESCO |
FRANCESCA TRIVULZIO, Concordia è uno stato indipendente |
1519 – 1533 |
GIOVAN FRANCESCO |
GALEOTTO II (figlio di LODOVICO e FRANCESCA) |
1534 – 1537 |
GALEOTTO II (alleato con la Francia) |
Esercito Imperiale |
1537 – 1550 |
GALEOTTO II con esercito Francese |
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1550 – 1568 |
LODOVICO II (figlio di GALEOTTO II) con esercito Francese |
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1568 – 1588 |
GALEOTTO, FEDERICO e ALESSANDRO, figli di LODOVICO II, sotto la tutela della madre FULVIA da Correggio |
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1588 – 1602 |
GALEOTTO e FEDERICO, il Ducato torna ad essere feudo Imperiale (ALESSANDRO è nel clero) |
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1602 – 1637 |
ALESSANDRO (dopo la morte dei fratelli) |
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1637 – 1691 |
ALESSANDRO II (nipote di ALESSANDRO), alleato con la Spagna che ha un presidio a Mirandola |
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1691 – 1704 |
FRANCESCO MARIA (nipote di ALESSANDRO II), con la reggenza di BRIGIDA (sorella di Alessandro II) e di ISABELLA (figlia di Alessandro II), in alleanza con Spagna e Francia |
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1704 |
FRANCESCO MARIA (nipote di ALESSANDRO II), con la reggenza di BRIGIDA (sorella di Alessandro II) e di ISABELLA (figlia di Alessandro II), in alleanza con l’Imperatore |
Sotto controllo francese |
1704 – 1706 |
FRANCESCO MARIA alleato con Francia e Spagna |
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1707 – 1710 |
Sotto il controllo dell’Imperatore, che mette il Ducato di Mirandola e Marchesato di Concordia all’asta |
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1711 – 1733 |
In possesso del DUCA di MODENA RINALDO I, che ha acquistato Mirandola e Concordia all’asta |
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1734 – 1736 |
Guerra tra Impero e Francia – Spagna, durante la quale il possesso di Concordia e Mirandola si sussegue così: prima ai Francesi, poi agli Imperiali, poi agli Spagnoli |
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1737 – 1740 |
DUCATO di MODENA con FRANCESCO III |
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1740 – 1748 |
Occupazione da parte dell’Esercito AUSTRO-SARDO guidato dal RE di Sardegna CARLO EMANUELE III, in guerra contro Francia e Spagna |
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1748 – 1796 |
DUCATO di MODENA |
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1796 |
REPUBBLICA CISPADANA a seguito dell’occupazione da parte dell’Esercito di NAPOLEONE |
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1797 – 1798 |
REPUBBLICA CISALPINA a seguito dell’occupazione da parte dell’Esercito di NAPOLEONE |
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1799 |
Un gruppo di rivoltosi mantovani occupa Concordia e mirandola scacciando i Napoleonici |
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1800 – 1801 |
REPUBBLICA CISALPINA |
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1802 – 1804 |
REPUBBLICA ITALIANA con NAPOLEONE Presidente |
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1805 – 1814 |
REGNO D’ITALIA con NAPOLEONE RE |
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1815 – 1830 |
DUCATO di MODENA con FRANCESCO IV sotto la protezione Austriaca |
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Feb–Mar 1831 |
Governo provvisorio a seguito delle rivolte che fanno fuggire il DUCA a Mantova |
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1831 – 1846 |
Nell’aprile 1831 rientro del DUCA di MODENA FRANCESCO IV sotto la protezione Austriaca |
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1846 – 1848 |
DUCATO di MODENA con FRANCESCO V sotto la protezione Austriaca |
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Mar-Ago 1848 |
Governo provvisorio a seguito della cacciata di FRANCESCO V che si rifugia a Mantova |
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1848 – 1859 |
Nell’agosto 1848 rientro del DUCA di MODENA FRANCESCO V sotto la protezione Austriaca |
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1859 |
Annessione delle province modenesi al “REGNO MONARCHICO COSTITUZIONALE DELLA GLORIOSA CASA DI SAVOIA SOTTO LO SCETTRO DEL MAGNANIMO RE VITTORIO EMANUELE II” |
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1859 – 1946 |
REGNO D’ITALIA |
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1946 – ad oggi |
REPUBBLICA ITALIANA |
GLI EDIFICI STORICI DI CONCORDIA
La collegiata ed il convento dei cappuccini
Nel 1595 viene fondata una collegiata di canonici, sul terreno lasciato in dote dal signor Orazio Viani che si trova a Vallalta e da allora viene denominato “la Canonica”. Nella casa che si trova su questo fondo, nascerà nel 1905 Monsignor Antonio Bellini, che scriverà la “Storia di Concordia dalle origini all’unità d’Italia”, il primo libro sulla storia del nostra paese, dal quale molti spunti sono stati presi anche per scrivere i testi presenti in questo sito.
Nel 1617 per volontà del Duca Alessandro viene introdotto a Concordia l’ordine dei cappuccini, che porterà molto aiuto al popolo per circa 2 secoli, fino al 1806 quando i cappuccini vengono cacciati dal governo napoleonico.
Nel 1617 viene scelto un sito di 4 biolche (dove ora sorge il “palazzo dell’Arcangela”) su cui costruire il convento con accanto una chiesa dedicata a Sant’Alessandro ed a San Francesco, benedetta nel 1620.
Il 2 agosto 1629 vi si celebra una cerimonia di caratura internazionale. Alfonso II d’Este, Duca di Modena, dopo 1 anno di regno abdica per entrare nell’ordine dei cappuccini. In questa chiesa si celebra la cerimonia di vestizione di Alfonso d’Este con il sacro abito di San Francesco. Presenti alla cerimonia la sorella di Alfonso, Laura d’Este, moglie del Duca di Mirandola Alessandro I ed il popolo.
Nel 1805, nonostante l’opposizione del parroco e di tutta la comunità, i cappuccini sono costretti a lasciare Concordia. Il convento e la chiesa riconvertiti ad uso civile, vengono poi abbattuti nel 1811. Nella stessa posizione viene prima costruita una casa, poi abbattuta anche questa, viene eretto il palazzo Malavasi (anche detto “dell’Arcangela”), che possiamo vedere ancora oggi a fianco dell’ex ospedale e di fronte a Via Mazzini, ristrutturato a seguito del terremoto del 2012. Non si conosce la data esatta della sua costruzione, ma sicuramente esisteva nel 1893. Sul lato est del palazzo, è sempre stato presente il dipinto di un crocefisso, a ricordo di quello che si trovava nella chiesa del convento, che il 21 agosto 1806 è portato a San Possidonio con solenne processione, che ancora oggi viene celebrata l’ultima domenica di agosto durante la sagra del paese.
L’attuale Via Mazzini all’epoca del convento era chiamata “Stradello delli Cappuccini”, perché era una strada privata di servizio del convento
Il palazzo Ducale
Voluto dal Duca Alessandro II come residenza estiva della famiglia Pico, tutte le estati a partire dal 1652, vi si trasferiva la corte al completo.
Costruito nella zona dell’attuale Via Decime, poco più a sud dell’attuale Teatro del Popolo, in base ai disegni del celebre architetto Gaspare Vigarani, era costituito da sale, logge, appartamenti e scale magnifiche.
Vi si trovava un vastissimo giardino posto tra le attuali vie Dante, Muratori e Mazzini, con aiuole a disegni geometrici secondo lo stile del “giardino all’italiana”, boschetti, piante di ogni specie, 666 piante di agrumi, il tutto circondato da mura.
Qui nasce l’ultimo Duca di Mirandola Francesco Maria nel 1688, nipote di Alessandro II.
Tra le persone importanti che vi sono passate, vale la pena ricordare:
- la Regina di Svezia, Cristina, che viene ricevuta nel 1656;
- Maria Beatrice d’Este, prima di partire per la reggia inglese dove, unica donna italiana nella storia, nel 1685 diventerà Regina consorte d’Inghilterra, di Scozia e d’Irlanda.
Viene dato alle fiamme dai francesi nel 1704 e mai più ricostruito. I resti vengono definitivamente eliminati dal Duca di Modena nel 1737, viene però ricostruita la parte di edificio affacciata su Via Pace, che diventa il Palazzo delle Decime.
L’immagine è tratta dal libro “Stampe e disegni della Mirandola dal secolo XVI al secolo XX” di Vilmo Cappi, che descrive la collezione di stampe e disegni raccolte da Cesare Costantini. Sono ben visibili il Palazzo Ducale “Palazzo di S.A”, il Convento dei “Cappuccini” e la Cavana.
Il Casino della Fossa o Casino Rosselli
Il Casino Rosselli viene costruito alle porte di Concordia tra il 1682 ed il 1683 probabilmente nella zona dove oggi è presente la terza rotonda in Via Martiri, a partire dal centro del paese. Voluto da Alessandro II come residenza di villeggiatura della moglie Anna Beatrice d’Este, che qui muore il 20 settembre 1690.
Si tratta di un edificio con 3 torri, 2 ai lati ed una al centro per illuminare il grande salone centrale, posto in mezzo ad un giardino circondato da mura.
Proprio la Duchessa Anna Beatrice, lo abbellisce con statue, pergolati e vasi d’agrumi. All’entrata del Casino è presente un oratorio dedicato alla “Madonna della Ghiara”.
Da Mirandola per raggiungere il Casino, i Pico percorrevano “Via Bosco Monastico”, anticamente denominata Via Carrate, che passa per il Monastero di Santa Giustina Vigona (da cui il termine “Monastico”) e Fossa.
Il Casino viene scelto dal Conte Achille Tacoli come sua residenza di villeggiatura, durante il suo incarico di Governatore di Mirandola e Concordia al momento della fine della dinastia dei Pico. Qui nel luglio 1712, il conte ospita per tre giorni alcune delle più importanti autorità del Ducato Estense, arrivate per passare in rassegna le milizie locali e proprio qui il conte muore, l’11 settembre 1722, colpito da una malattia mentre vi si trova in villeggiatura.
Nel 1729 il Casino viene acquistato da Innocenzo Rosselli figlio del conte Scipione Rosselli e poi distrutto nel 1823 dai suoi eredi.
Questa immagine è il prospetto del Casino Rosselli, presente nell’Archivio Rosselli dell’Archivio di Stato di Modena. L’immagine è tratta dai “Quaderni della Bassa Modenese n° 60 – I Pico 1311-1711 Quattrocento anni di potere alla Mirandola”
Forte Corbelli poi Palazzo Corbelli
Il Forte Corbelli, salvato dalla distruzione del 1704 in quanto residenza del presidio militare, è l’attuale Palazzo Corbelli, residenza del Municipio di Concordia fino al terremoto del 2012. Prende il nome dalla famiglia Corbelli di Mirandola, della quale si ricorda Lodovico Corbelli come cancelliere del Duca Alessandro I, che muore a Concordia a causa della peste del 1630. Si può presupporre che il palazzo sia stato eretto da lui o da suoi familiari all’inizio del 1600. La famiglia Corbelli possedeva diversi terreni a Concordia, alcuni dei quali portano ancora il loro nome.
Nato come palazzo, viene trasformato in forte durante la guerra di successione spagnola (1700). La proprietà passa poi alla famiglia Zanoli, anche questa originaria di Mirandola. Nel 1790 vi venne eretto un oratorio dedicato all’Angelo custode. Il parco dietro il palazzo era racchiuso da un muro.
Il palazzo era dotato di un grandioso scalone esterno a tre rampe, tutto in marmo bianco, che immetteva direttamente nella grande sala al primo piano. Il 24 luglio 1860 venne acquistato dalla comunità di Concordia per la somma di lire 23.478, per farne la sede del municipio. Si trovava ormai in fase di abbandono, il piano terreno era occupato da botteghe di fabbri e falegnami, mentre il primo piano era in stato di abbandono. Il palazzo venne sistemato e modificato per diventare come lo conosciamo oggi: venne tolto il grande scalone esterno sostituito da 4 colonne che sostengono la balaustra, venne rimosso anche il grande lucernario sul tetto ed infine venne posto l’orologio esterno. Tra gli anni ’30 e ’40 del 1900 vennero infine aggiunte le colonne sul lato verso il giardino.
Il parco dietro il Palazzo Corbelli, venne ridisegnato nei primi anni del ventennio fascista, chiamandolo “Parco delle rimembranze” in onore dei caduti della Prima Guerra Mondiale. Nel 1927 fu posta al centro del parco la statua del guerriero con dacia e scudo, situata sopra ad un piedistallo. Nel 1942 la statua e la cancellata intorno al parco furono tolte per essere fuse ed ottenere cannoni per la Seconda Guerra. Il piedistallo in cemento è rimasto fino al 1983, nel 2000 nel parco è stato realizzato un nuovo monumento ai caduti.
Disegno del prospetto nord del Palazzo Corbelli presente nell’archivio comunale, risalente all’anno 1900, inserito nel “PSC Piano Strutturale del Comune di Concordia sulla Secchia”, Capitolo 3 “Sistema Territoriale” dell’aprile 2009.
La Chiesa
La prima chiesa di Concordia viene costruita nel 1396 per volere di Francesco e Spinetta Pico, che chiedono il permesso al Vescovo della Diocesi di Reggio Tebaldo da Sesso. Il Vescovo concede il permesso alla costruzione, con l’obbligo da parte del Rettore della chiesa, di consegnare al Vescovo una libra di cera ogni anno, in occasione della festa di Sant’Andrea.
La chiesa, dedicata a San Paolo, è realizzata sulle rive del Secchia, in zona detta Molinella, che presumibilmente si trovava tra le attuali Viale Carducci, Via Lenin e Via Per San Possidonio.
Dopo la prima distruzione di Concordia, la chiesa viene ricostruita nel 1521 nello stesso luogo. Nel 1595 l’ingrossamento del Po causa la rottura del Secchia con la conseguente distruzione della chiesa. Nel 1599 la chiesa viene ricostruita, spostandola però dalla Molinella all’attuale posizione, dove in allora era presente un oratorio dedicato a Sant’Antonio. Alla ricostruzione partecipano tutti, una somma importante viene data dal Principe di Mirandola, 1.000 scudi lasciati dalla madre Fulvia. Rispetto alla chiesa che conosciamo oggi, la facciata era arretrata di un paio di metri ed aveva davanti un ampio sagrato con la porta centrale preceduta da una gradinata.
A seguito della terza distruzione, la peggiore di tutte avvenuta nel 1704, la ricostruzione della chiesa termina solo nel 1718, in modo precario e priva di arredi.
Grazie all’operato dei parroci che si sono susseguiti, la chiesa è andata via via arricchendosi ed abbellendosi, con l’aggiunta dell’altare maggiore nel 1775, di numerose opere pittoriche, del pavimento, delle vetrate e dell’organo. Nel 1797 viene realizzata la canonica della chiesa, grazie al parroco Don Viani, che la finanzia con i soldi lasciati dal padre. Nel 1845 viene rifatta la facciata attuale. Nel 1934 viene realizzato il tabernacolo che ritroviamo nella nuova chiesa “provvisoria”post terremoto.
La chiesa di Concordia poteva vantare diverse opere di Adeodato Malatesta (1806 – 1891), che nella prima metà dell’Ottocento ha dominato la scena artistica modenese, diventando noto in tutto il resto della penisola come uno dei migliori ritrattisti. Fra tutte va ricordata la tela “Sant’Anna, San Gioacchino e la Vergine bambina”, meglio nota come “L’educazione della Vergine”.
La quarta distruzione della chiesa avviene con il terremoto del 2012, completamente distrutto il tetto e tutto l’interno, rimangono in piedi le pareti esterne, con la facciata completamente puntellata. Nel frattempo è stata realizzata una nuova chiesa in legno, che è stata inaugurata nel novembre del 2013, costruita dai volontari della protezione civile di Trento.
Svetta ancora sui tetti di Concordia il campanile, nonostante i danni inflitti dal terremoto.
Il campanile attuale è stata costruito a partire dal 3 maggio del 1730. I rottami del precedente campanile, distrutto nel 1704, sono stati usati come fondamenta del nuovo. Nel progetto originale il campanile terminava con una cuspide, che però, forse per mancanza di fondi, non è mai realizzata.
Vengono riposizionate le tre campane originali, che dopo la distruzione del 1704 erano state portate a Mantova. Queste verranno poi fuse durante la seconda guerra mondiale per farne cannoni. Successivamente vengono riposizionate quattro campane, realizzate grazie all’interessamento del parroco monsignor Luigi Tosatti nel 1948. L’orologio viene posto sul campanile nel 1737.
La costruzione del campanile è stata completamente finanziata dalla comunità concordiese, grazie ad un’imposta introdotta sul possesso dei terreni ed un dazio aggiuntivo sui commerci.
Inseriamo qui una nota relativa agli “oratori”, richiamati più volte nella storia di Concordia. Con il termine oratorio si intendono quelle edicole o piccole chiesette che racchiudono un’immagine sacra, spesso relativa alla Madonna, che erano veri e propri luoghi di culto popolari. Se ne possono trovare ancora, soprattutto nelle campagne, uno dei più noti a Concordia è quello posto in Via Toretto.
La più antica foto dell’interno della Chiesa di San Paolo, presa dal libro “Segni di fede” di don Franco Tonini, edito nel 1999
Il Castello
Sembra che già al suo sorgere Concordia avesse un rocca, poi perfezionata in forte–castello da Francesco Pico, intorno all’anno 1432.
Questa fortificazione era circondata da un fossato, aveva due bastioni, detti di Santa Caterina e di San Paolo e tre porte: del Soccorso, della Fossa e della Rocchetta.
All’interno delle mura era presente l’oratorio di Sant’Antonio, probabilmente nel luogo dove poi sorgerà l’attuale chiesa.
Dopo la sua distruzione compiuta per opera di Galeotto nel 1534, non verrà più ricostruita, perdendo addirittura la memoria della sua esatta ubicazione.
Alcuni pensano che potesse trovarsi nell’area in cui è poi stato costruito il Palazzo Tacoli, ma più probabilmente si trovava nella via Lungo Secchia (attuale Via Don Minzoni), all’altezza della chiesa, infatti in una cartina del 1702 si trova l’indicazione di un “Molino del Castello” posto tra la chiesa ed il teatro.
Il Castello di Concordia in un disegno del 1551 contenuto nel volume “Atlante di cartografia storica ragionata della Mirandola del sec. XVI” di V. Cappi. L’immagine è presa dal libro “Segni di fede” di don Franco Tonini, edito nel 1999
La Posta
La Posta per il cambio dei cavalli faceva parte dell’ostaria, che dava alloggio a persone e cavalli. Nella stessa posizione, negli anni ’50 del XX secolo si trovava l’albergo “La Posta”. Il più celebre ospite dell’ostaria è stato l’Imperatore Giuseppe II, che vi ha alloggiato la notte del 9 marzo 1769, mentre era in viaggio in Italia in incognito. L’Imperatore arriva a Concordia alle 2 di notte con tre persone al seguito, su due carrozze trainate da buoi, proveniente da Quingentole. E’ costretto a fermarsi all’ostaria a causa del maltempo che aveva reso le strade impraticabili.
La Posta si trovava sul percorso che portava da Modena a Mirandola passando per Concordia, sulla attuale Via per Mirandola, che in allora si chiamava non a caso Strada Corriera. Da qui proseguiva per Mantova attraverso la “Via del corriere”, in parte corrispondente all’attuale Via Corriera, che dal teatro di Concordia porta a Santa Caterina. La strada era molto importante, in quanto frequentata dai corrieri che con le carrozze trainate dai cavalli trasportavano persone ed appunto la “posta” da Mantova a Modena.
La stazione della posta di Concordia viene soppressa intorno al 1785a causa di una nuova strada, detta Ducale o Imperiale, che da Modena porta a Mantova, passando per Carpi, Novi, Moglia e San Benedetto.
L’Ospitale di San Leonardo
Viene fondato dal nobile di Mirandola Leonardo Signoretti, nonché podestà di Concordia, nel 1425, come ricovero per i pellegrini.
L’amministrazione è affidata ai Padri Agostiniani di stanza al Convento di Santa Caterina.
Distrutto nel 1510 dall’esercito veneziano agli ordini di Papa Giulio II, viene poi riedificato nel 1572 da Galeazzo Signoretti, pronipote del fondatore.
Di nuovo distrutto nel 1704, durante l’incendio di Concordia da parte dei francesi, viene nuovamente riedificato ad opera degli Agostiniani nel 1730, che ne sono amministratori fino al 1751, quando il controllo passa in mano al parroco di Concordia. L’ospitale viene soppresso a seguito di un’ordinanza del Duca Francesco III del 1765, che dispone di accogliere i pellegrini solo negli ospitali di Modena e Reggio. Sorgeva tra le attuali Via Paglierine e Via Valnemorosa. A fianco dell’ospitale si trovava anche un oratorio. Unico ricordo arrivato fino a noi, è un quadro nella chiesa di Santa Caterina raffigurante San Leonardo con Santa Lucia e Sant’Agata.
Disegno tratto dal “PSC Piano Strutturale del Comune di Concordia sulla Secchia”, Capitolo 3 “Sistema Territoriale” dell’aprile 2009, rappresenta sia il Borgo, parallelo alla Secchia ed il Borgo Nuovo posto in prossimità della fine della Cavana e del suo porto ed è visibile la posizione dell’Ospitale di San Leonardo
Il ponte e la Via per Mirandola
La strada di collegamento tra Concordia e Mirandola, Via per Mirandola, in orgine era chiamata “Strada Corriera” nata a fianco della Cavana. Prima della realizzazione di questa strada il collegamento tra Concordia e Mirandola passava da Fossa tramite Via Bosco Monastico (passando per il Monastero di Santa Giustina Vigona) oppure da San Possidonio tramite Via Castello che poi proseguiva sull’argine sopraelevato fino ad arrivare al Borgo di Concordia.
Nel 1866 diventa una strada provinciale con il nome di SP8. La manutenzione della strada è affidata a 4 cantonieri che utilizzano il pietrisco proveniente da cave mantovane. E’ considerato parte di questa strada l’attraversamento della Secchia, in origine realizzato tramite una specie di traghetto condotto da un “passatore”, poi sostituito da un ponte di barche. Per attraversare il fiume è necessario pagare un pedaggio al gestore dell’attraversamento, che ha il dovere di garantire la manutenzione delle rampe d’accesso.
Nel 1881 la provincia decide la costruzioni di tre ponti in muratura: alla Motta, a Navicello ed a Concordia. La costruzione di quest’ultimo inizia nel settembre del 1882 e viene inaugurato nel 1884. Da allora non ha mai subito interventi significativi, nemmeno a seguito del terremoto del 2012.
Oltre all’attraversamento della Secchia nei pressi del centro, ne esisteva un secondo, il traghetto delle “Chiaviche mantovane”, anche detto “Al purtett”, posto tra San Giovanni e Santa Caterina, realizzato con una fune che collegava le due sponde del fiume. Gestito dalla famiglia Pozzetti su licenza del Comune fino al 1918, poi la sua gestione viene messa all’asta dal Comune. Nel 1919 la tariffa da pagare per l’attraversamento è di 10 centesimi per le persone e 80 centesimi per i cavalli. “Al purtett” rimane in funzione anche dopo la realizzazione del ponte stabile a Concordia, perché utile soprattutto ai “giornalieri” di Santa Caterina che dovevano recarsi a lavorare dall’altra parte del fiume. Viene dismesso solo nel 1930, a seguito della costruzione del ponte di ferro alle Chiaviche di San Giovanni previsto per il passaggio della ferrovia che però mai si realizzò.
Il Teatro
Il primo teatro di Concordia viene costruito all’inizio del Novecento, come “Teatro Sociale” da parte di privati. Non si hanno molte informazioni su questo primo edificio, non è nemmeno nota la data precisa di costruzione. Probabilmente era di dimensioni ridotte, con facciata neoclassica e colonne sovrastate da un timpano.
Viene poi demolito nel 1929 e sostituito dall’attuale edificio, costruito nel 1933secondo lo stile dell’epoca ed inaugurato nel 1934 con il nome di “Teatro del Littorio”.
Nel 1945 alla fine della seconda guerra mondiale, cambia nome in “Teatro del popolo”.
Danneggiato e reso inagibile dal terremoto del 2012 è ancora oggi, nel 2020, in attesa di essere ristrutturato.
Via Pace, Piazza della Repubblica, il Borgo ed il Borgo Nuovo
La via principale di Concordia è sicuramente Via Pace. Gli edifici che vi si trovano sono stati ricostruiti dopo l’incendio di Concordia del 1704 ad opera dei francesi.
Tanti i nomi che ha cambiato: Via Maestra, Via Principale, Via del Borgo nel 1800, Via della Vittoria dal 1918 e Via della Pace dal 1945.
Negli anni ’30 sono stati interrotti i “portici corti” (dal lato della chiesa), per creare Via Garibaldi. E’ probabile che per creare questa nuova via, sia stato abbattuto l’allora Municipio (Casa della Comunità) che era situato lungo Via Pace vicino al castello, per trasferirlo nel Palazzo Corbelli. Al termine dei portici corti si trova il “Palazzo Mambrini”, che ospitava “l’osteria della Concordia”. Qui è presente un passaggio sormontato da un arco, che porta al cortile interno, da dove si raggiungevano le scuderie ducali.
Via Pace costituiva il Borgo originale in cui risiedeva tutta la popolazione di Concordia, gli edifici erano separati tra di loro ed erano costituiti da una parte fronte strada con le abitazioni al primo piano ed al piano terra le botteghe con i portici. Dietro si trovavano il cortile ed i rustici. Fino all’800 nei “portici lunghi” si aprivano diverse stradine che portavano al “lungo Secchia” (Via Don Minzoni attuale), oggi è rimasta solo Via Negrelli, la così detta “Contrada del pesce” perché qui si trovavano i banchi del mercato che vendevano appunto il pesce.
Piazza della Repubblica si trova dove è attualmente solo a partire dall’unità d’Italia, mentre prima si trovava dalla parte opposta, nella zona del teatro e delle Decime, dove si trovava anche il Palazzo Ducale dei Pico.
Lo testimoniano anche i decori di pregio del Palazzo Roversi, che si trovano nella facciata verso il cortile interno e non nella facciata rivolta verso la piazza. A proposito di Palazzo Roversi, sono da segnalare le decorazioni interne, una su tutte è una loggia affrescata in stile pompeano con lunette che ritraggono Via Mazzini alla fine dell’800, presenta inoltre uno scalone in marmo rosa di Verona e molti decori in stile Liberty.
Nei pressi dell’edificio che ospita la banca in Piazza della Repubblica si trovava in origine il porto sulla Cavana.
Si può dire che Concordia avesse un assetto urbanistico a “ventaglio” aperto sulla Secchia, con il Palazzo ducale a farne da perno.
Alla fine del 1600 nasce il Borgo Nuovo, un nuovo insediamento posto a ridosso del porto della Cavana e per questo costituito prevalentemente da depositi e botteghe. Gli edifici sono costruiti nella striscia di terra tra la Cavana e la strada parallela che diventerà via Mazzini.
Riguardo la costruzione del resto del paese:
- la zona tra Palazzo Corbelli e Via Mazzini risale al XVII secolo;
- la zona tra le vie Garibaldi, Muratori, Mazzini e Dante risale agli anni dal 1893 al 1922;
- la zona tra le vie Decime, Dante e Garibaldi risale agli anni ’20;
- la zona tra le vie Mazzini, Resistenza, Dante e Carducci risale infine al secondo dopoguerra.
Palazzo Viani di Vallalta
La famiglia Viani, di origini mantovane, ma da anni stabilitasi a Concordia, raggiunge una importante posizione sociale, così nel 1771 il capostipite Pietro Viani, chiede per sé e per i suoi tre figli di poter accedere al ceto nobile di Mirandola. A seguito della concessione del titolo da parte del Duca di Modena, la famiglia Viani decide di intraprendere la costruzione del palazzo, i cui lavori iniziano nel 1778, per concludersi nel 1785.
Monumentale e robusto con uno scalone tipico del settecento in marmo di Verona, con decorazione a stucco ed un fastoso apparato pittorico. Presenta inoltre due piccole torri sul lato sud ed è circondato da case coloniche realizzate per servire la vasta proprietà.
La proprietà passa poi al Conte Tagliavacca e quindi alla famiglia Rizzatti ed ai Battaglia. E’ stato di recente ristrutturato e riportato all’antico splendore.
Il monastero e la chiesa degli Agostiniani a Santa Caterina
Nel 1420 i monaci agostiniani, che si trovano a Concordia già da tempi precedenti, si stanziano a nord di Concordia in località “Ballantina”, nei pressi del “Bastione Santa Caterina”, all’inizio dell’attuale via Paglierine.
Poi nel 1514 si spostano a Santa Caterina e nel 1520 edificano l’attuale chiesa ed il monastero.
Dopo diversi tentativi falliti nel 1603 e nel 1672, nel 1768 il convento viene abbandonato, a seguito dell’ordinanza del Duca di Modena Ercole III, che ottiene il permesso di sopprimere i conventi con meno di 8 frati. I religiosi che vi si trovano sono costretti ad abbandonare il loro convento in soli tre giorni, per unirsi ai confratelli di Modena. Dopo varie vicissitudini tutto il complesso diventa parte della parrocchia di Concordia.
Caratteristica della chiesa, unica nella zona, è il soffitto a cassettoni di legno intagliato. Secondo la tradizione, non confermata, risale al 1300 per opera di una famiglia di falegnami locali. Purtroppo questo soffitto è stato gravemente danneggiato dal terremoto del 2012, che invece non ha colpito il “Crocefisso miracoloso”. Risalente al periodo degli agostiniani, è sempre stato soggetto di devozione da parte della comunità locale. Alla fine del XVIII secolo, il parroco di Concordia lo vuole portare a Concordia, ma il popolo si oppone. La tradizione vuole che, mentre lo si sta portando a Concordia, all’altezza della zona detta “la sfilza”, il Crocefisso diventasse talmente pesante da non riuscire più a trasportarlo, ritornando miracolosamente leggero nel riportarlo a Santa Caterina. Ogni venerdì Santo, ancora oggi, si ripete questa processione, portando in spalla il Crocefisso miracoloso dalla chiesa alla zona detta “la sfilza” per poi ritornare in chiesa.
Una curiosità, i monaci di Santa Caterina era soliti far visita ai loro confratelli del Monastero di Santa Giustina Vigona di Mirandola, utilizzando i così detti “sentieri deli frati”, che passavano per Fossa, seguendo il tracciato di Via Bosco Monastico, che da Fossa porta a Mirandola.
Il disegno rappresenta la chiesa ed il convento di Santa Caterina da “Ricostruzione ideale” di L. Confortini, presa dal libro “Segni di fede” di don Franco Tonini, edito nel 1999
Concordia e gli Estensi
Nei primi decenni del 1700, dopo essere passata sotto al Ducato di Modena, Concordia mantiene una importante vivacità economica, molto maggiore rispetto a quella di Mirandola grazie ad un continuo flusso di viaggiatori e di merci che preferivano transitare per Concordia piuttosto che per Mirandola. Finalmente nel 1718 viene completata la chiesa e nel 1720 può essere considerata completata anche la ricostruzione del paese. Il 9 agosto 1723, San Possidonio viene separato da Concordia, per essere concesso come feudo indipendente al Marchese Pietro Tacoli.
Nel 1737 Francesco III succede a Rinaldo d’Este come Duca di Modena. Tra i primi atti del suo governo, viene in visita a Concordia, dove ordina la cancellazione di ogni simbolo che ricordi i Pico, viene quindi abbattuto quel poco che restava del Palazzo Ducale e portate via le macerie. Alla richiesta dei cittadini concordiesi di poter ripristinare i molini natanti, il Duca ordina di effettuare uno studio. Ne risulta che i molini sono necessari al fiume perché dalla loro rimozione l’alveo del fiume si è alzato di due braccia e mezzo. Con disposizione del 18 agosto 1738, il Duca concede la costruzione di 3 molini. La loro realizzazione avviene però solo nel 1743 a causa delle difficoltà di reperimento del denaro e del legname necessari e ne vengono realizzati 4 e non 3.
Nel 1740 scoppia la guerra per la successione al trono d’Austria.
Il Re di Sardegna Carlo Emanuele III, a capo delle truppe sardo-austriache, per tagliare la strada agli spagnoli occupa prima Modena e poi, per mettere sotto assedio Mirandola, fissa il suo quartier generale a Concordia. L’11 luglio 1740 l’esercito austro-sardo arriva a Concordia, portando cannoni, mortai e munizioni. Re Carlo Emanuele in persona si insedia a palazzo Tacoli, mentre il generale Traun nel Casino Rosselli. I bombardamenti contro Mirandola sono pesanti ed il 22 luglio la città deve alzare bandiera bianca. Le condizioni della resa vengono trattate a Concordia.
Questo è uno degli ultimi conflitti combattuti in terra concordiese.
La seconda metà del 1700, vede una serie di avvenimenti che segnano la decadenza di Concordia, a partire dall’alluvione del 1748, quando a seguito delle piogge ininterrotte dal 2 al 9 novembre, il Secchia rompe gli argini, portando via granai e cantine, le botti di vino e acquavite arrivano fino in Po. Nel 1757 viene soppressa la comunità di Concordia, che viene incorporata nel comune di Mirandola, nel 1763 i monaci agostiniani lasciano Concordia, nel 1765 chiude l’Ospitale di San Leonardo, verso la fine del secolo viene in parte interrato il canale Naviglio e perde di importanza il porto fluviale di Concordia e per finire intorno al 1785 Concordia perde la stazione della “Posta” a causa di una nuova strada, detta Ducale o Imperiale, che da Modena porta a Mantova, passando per Carpi, Novi, Moglia e San Benedetto.
Concordia, terra di confine
Con l’arrivo di Napoleone e la conseguente fuga degli Estensi, Concordia dall’ottobre 1796 si trova a far parte della Repubblica Cispadana.
Anche in questo caso si conferma come terra di confine tra stati, visto che la provincia di Mantova è sotto il controllo austriaco.
In dicembre a Concordia scoppia una rivolta anti-francese, organizzata dalla “reazione”, cioè dai sostenitori del vecchio regime, che spargono la voce che gli austriaci stanno per arrivare in paese. Partecipano a questa sommossa i ceti più poveri della popolazione. Sabato 10 dicembre, il generale di brigata Rusca parte dalla Cittadella di Modena diretto a Concordia, alla testa di 200 soldati e 50 guardie civiche. Rientrano a Modena tra domenica e lunedì, portando con loro 12 prigionieri concordiesi incatenati, 5 vengono interrogati e poi rilasciati, gli altri 7 finiscono invece nelle prigioni segrete di Modena.
Nel febbraio del 1797 Napoleone conquista anche Mantova, viene così creata la “Repubblica Cisalpina”, formata dalla Repubblica Cispadana unita alle province della Lombardia con Milano capitale.
In settembre viene costituita una leva obbligatoria formata da uomini presi dalle famiglie più ricche, visto che devono equipaggiarsi e mantenersi a spese proprie. Ne faranno parte i concordiesi Alessandro Zanoli, Giovanni Battista Fattori, Sigismondo Crema e Giovanni Parodi.
Nel 1798 Napoleone ordina la soppressione delle corporazioni e confraternite religiose. A Concordia viene così liquidata la “Confraternita del SS. Sacramento e Rosario”.
Un grosso movimento insurrezionale antifrancese sorge a Poggio Rusco all’inizio di aprile del 1799 e si diffonde nel basso modenese. Gruppi di contadini esasperati dalle requisizioni francesi, armati di pali, roncole e forche occupano in pochi giorni Vallalta, Concordia e San Possidonio, dove rimangono per 4 giorni per poi arrivare il 15 aprile a Mirandola, senza incontrare resistenza alcuna.
Le truppe di occupazione francese comandate dall’aiutante generale Carlo Liebault partono da Modena per dirigersi verso Mirandola. Durante la loro avanzata massacrano senza pietà due gruppi d’insorti incontrati a Camposanto e a San Felice. Arrivano a Mirandola il 25 aprile e la occupano senza combattimenti.
Nel 1805 Concordia ritorna finalmente ad essere una comunità indipendente (dopo 48 anni). Infatti una legge dell’8 giugno decreta la formazione delle seguenti comunità:
- Concordia con Santa Caterina;
San Possidonio;
- Fossa con Vallalta e il Tramuschio;
- Rovereto con San Giovanni concordiese.
Nello stesso anno i Cappuccini devono definitivamente abbandonare il loro convento di Concordia, a seguito del decreto di Napoleone che ne dichiara la soppressione.
Dopo la sconfitta di Napoleone e la restaurazione del Ducato di Modena e Reggio nel 1814, cambiano i confini anche per Concordia, infatti il 12 gennaio 1815, il Duca Francesco IV, aggiunge al territorio di Concordia, i paesi di Fossa, Vallalta e San Possidonio.
Nel 1821 Concordia e tutto il territorio dell’ex Ducato di Mirandola passano sotto la diocesi di Carpi, nata nel 1789.
Nel 1822 vengono effettuati molti arresti tra gli affiliati alle società segrete che si stanno diffondendo. Sono 9 le condanne alla pena capitale, ma una sola viene eseguita, quella nei confronti di Don Giuseppe Andreoli di San Possidonio.
Concordia nel Regno d’Italia
A Concordia non si registrano particolari eventi durante i moti rivoluzionari del febbraio del 1831 che sconvolgono tutto il Ducato e costringono il Duca Francesco IV a fuggire da Modena portando con se come ostaggio Ciro Menotti.
Il 10 febbraio viene proclamato il governo provvisorio di Concordia ed il giorno seguente viene esposto il tricolore tra il lancio di fuochi d’artificio e balli in piazza. Approfittando del giorno di mercato, Giuseppe Crema (figlio del sindaco Sigismondo) dal balcone del comune, proclama discorsi patriottici.
Il Duca, ricevuti rinforzi austriaci, si mette in marcia per ritornare a Modena, forte di 5.000 soldati. Il 5 marzo all’altezza di Novi, la colonna viene attaccata dai colpi di moschetto di circa 300 rivoluzionari asserragliati nelle case ai lati della strada, ma i militari con un’azione aspra e rapida reagiscono espugnando le case in cui si trovano i ribelli, 40 dei quali vengono uccisi ed altri 30 catturati. A questo fatto, passato alla storia come la “battaglia di Novi”, prendono parte anche diversi concordiesi, 12 dei quali vengono catturati, altri 10 feriti. Il Duca procede nella sua marcia verso Modena, dove rientra il 9 marzo.
Una volta restaurato il potere ducale, scatta la caccia a coloro che si erano ribellati, a Concordia ci sono 5 arresti. Nonostante la dura repressione, il sentimento per la patria e l’unità nazionale divampa sempre più, animato da patrioti accorsi dagli stati limitrofi, che Concordia subisce molto essendo terra di confine. Per questo motivo vengono lasciati in paese una brigata di Dragoni ed un corpo di “cacciatori tirolesi”.
Nel 1859 con la seconda guerra d’indipendenza, il Duca fugge da Modena e non vi farà mai più ritorno. Nei comuni del Ducato si aprono le iscrizioni per aderire alla guerra, a Concordia sono 27 i giovani volontari che accettano.
Intanto l’ex esercito ducale si schiera ai confini tra Lombardia, ancora sotto controllo austriaco, e la provincia modenese. A Concordia stanzia la 7^ compagnia dei Cacciatori della Magra, poi sostituita in settembre dal 1° battaglione del 2° reggimento Brigata Modena, costituito da 600 uomini. Si alzano trincee e barricate, il Palazzo Tacoli diventa una caserma. Sulla popolazione grava il peso dell’approvvigionare questa guarnigione che talvolta effettua requisizioni arbitrarie e commette atti inconcepibili, ad esempio usare come bersaglio le statue del giardino di Palazzo Tacoli.
Il 17 luglio 1859 muore a seguito della battaglia di San Martino il valoroso soldato concordiese Carlo Araldi, uno dei 27 volontari partiti per la guerra d’indipendenza, il 14 giugno del 1860 verrà onorato con la medaglia d’argento al valor militare alla memoria.
Il 19 luglio Concordia invia al commissario di Modena Farini, una lettera in cui si dice che la commissione comunale esprime come proprio Re Vittorio Emanuele II.
Il 20 agosto 1859 si svolgono le elezioni per i rappresentanti del popolo all’Assemblea Nazionale delle province modenesi. Per Concordia sono eletti Luigi e Federico Crema. In settembre si tengono le prime elezioni comunali della storia di Concordia, che vedono l’elezione del sindaco Prospero Fedozzi.
Il 4 dicembre 1859 si realizza un riordinamento territoriale che, nonostante le proteste della popolazione, vede togliere San Giovanni dal territorio di Concordia per annetterla al neonato comune di Novi. Rientra nel comune di Concordia qualche anno dopo quando perde però San Possidonio che diventa un comune indipendente. Questo è l’assetto che rimane fino ai giorni nostri.
Da segnalare che, per motivi sconosciuti, alla metà dell’800 l’antico archivio comunale di Concordia, viene prelevato e portato a Mirandola, dove in gran parte verrà poi perso. L’attuale archivio comunale di Concordia parte dal 1853 circa.
Nonostante l’entusiasmo per gli eventi travolgenti che portano all’unità d’Italia, ben presto si torna alla dura realtà, fatta di un aumento vertiginoso dei prezzi dei generi di prima necessità, di fame e di miseria per gli strati sociali più poveri e di un aumento della pressione fiscale, nasce così la colorita espressione “Sòta al duca as magnava pan e sùca, sòta a st’itaìian as magna da can”.
Probabilmente è di questo periodo anche la nota filastrocca “Li galìni ad la Concordia li gà ligà li gambi cun li curdeli rósi”.
Nel 1899 viene costruito il cimitero nell’attuale posizione. In precedenza il cimitero si trovava dietro la chiesa, poi spostato nella zona del “Mulino Papotti”, chiamato Cimitero di Santa Lucia, infatti l’attuale Via Lenin era chiamata “stradello del Cimitero”.
Nel 1906 a Concordia viene aperto uno dei primi uffici di collocamento in Italia, chiamato “Ufficio di assistenza per gli emigranti”. Prima di quello di Concordia sono stati creati solo quello di Novara nel 1903 e quello di Lodi nel 1905. Scopo di questi uffici è tutelare i lavoratori dal reclutamento che veniva effettuato nelle piazze, noto come “caporalato”. Lo statuto-regolamento viene definito da una relazione del concordiese dottor Ilario Zannoni, uno dei maggiori esperti in Italia sull’emigrazione del tempo. Viene chiuso il 1 agosto 1987.
Nel 1916 viene eretto l’ospedale di Concordia grazie a Giuseppe Negrelli che lascia tutti i suoi beni per questo scopo.
Sono 228 i concordiesi caduti nella Prima Guerra Mondiale.
Il 7 maggio 1933, dopo 4 anni dalla firma dei Patti Lateranensi, si tiene a Concordia il 2° Congresso Eucaristico Diocesano, avvenimento grandioso che vede la presenza del Patriarca di Venezia e la partecipazione di ben 15.000 fedeli.
Negli anni 30 la popolazione di Concordia raggiunge il numero record di circa 11.000 persone.
La resistenza a Concordia
Concordia è il paese della bassa modenese più attivo durante la guerra di liberazione.
Prima della resistenza vera e propria, Concordia si distingue nei giorni seguenti l’8 settembre del ’43 nel dare soccorso ai soldati alleati, tra tutti si segnala il soccorso prestato a due soldati sovietici, che vengono nascosti e curati all’interno dell’ospedale di Concordia, con l’aiuto del parroco Don Tosatti.
Altra attività unica nel suo genere nella zona è la “La frusta comunista”. Un giornale antifascista che un gruppo di giovani partigiani vallaltesi, inizia a pubblicare nella primavera del ’44. Il ciclostile è nascosto in un ex pozzo nero appositamente vuotato e disinfettato, posto dietro la stalla di una corte nella parte mantovana di Via Confine. Le pubblicazioni sono saltuarie, collaborano gli intellettuali antifascisti della zona e vengono stampate un centinaio di copie circa che vengono distribuite dalle staffette partigiane nella bassa modenese e mantovana e devono essere bruciate appena lette.
La prima azione militare importante viene effettuata nel luglio del 1944, è l’attacco all’Arrigona, una villa nel comune di San Giacomo delle Segnate occupata dai fascisti. E’ uno dei momenti più importanti per la resistenza della bassa ed in tutta la pianura: è il primo attacco partigiano che coinvolge un numero importante di uomini (oltre 50), è la prima azione che provoca un alto numero di perdite ai fascisti ed infine origina un aspro dibattito politico riguardo azioni di questo tipo.
Vengono scelti per partecipare all’attacco i GAP (Gruppi di Azione Patriottica creati dalle Brigate Garibaldi per operare nelle città) ed i partigiani più esperti di Concordia, San Possidonio e Cavezzo, sotto il comando del concordiese Rino Gasparini “Aldo”. I partigiani di Vallalta e di San Giacomo delle Segnate sono incaricati di raccogliere quante più informazioni possibili sull’Arrigona.
Alle 23 del 7 luglio 57 partigiani sono pronti all’azione. Il piano prevede che 13 uomini armati di pistole, alcune bombe a mano e degli unici due mitra in possesso della formazione, entrino nell’edificio, 42 uomini hanno invece il compito di circondare l’Arrigona per impedire eventuali sortite dei fascisti e proteggere la ritirata, gli ultimi 2 rimangono a difesa delle biciclette e di un furgoncino portato per caricare il bottino conquistato.
Intorno alla mezzanotte parte l’azione, i partigiani entrano dalla porta di una cantina e raggiungono la sala dove vengono sorpresi una quindicina di fascisti addormentati, con le armi appese ai letti, ma ve ne sono altri al primo piano che aprono il fuoco, la battaglia si fa serrata, si spara sia dentro che fuori. Prima che l’Arrigona possa trasformarsi in una trappola, viene impartito l’ordine di sganciarsi. I partigiani eludono il fuoco dei repubblichini che sparano dalle finestre del primo piano, raggiungono i compagni nascosti all’esterno e fuggono.
Il bottino ottenuto è di 2 mitra, 12 moschetti e 4 rivoltelle e quel che più conta nessuna perdita e nessun ferito. Sono invece diverse le vittime ed i feriti avuti dai fascisti. L’attacco ha un impatto enorme, se ne parla sulla stampa e addirittura su Radio Londra, nessuno pensava che la resistenza in pianura potesse avere la forza ed organizzazione per effettuare un’azione simile.
All’alba del 7 agosto, si ha il primo eccidio effettuato nella bassa modenese da parte dei fascisti. Sul sagrato della chiesa di Rovereto vengono fucilati 9 esponenti del movimento partigiano, tra questi anche il professor Barbato Zanoni. Nato a Concordia nel 1896, laureato in scienze economiche e commerciali, è insegnante presso le scuole superiori. Dopo l’8 settembre è tra gli organizzatori della resistenza nella bassa ed uno dei maggiori diffusori degli ideali antifascisti di giustizia e libertà. Viene prelevato dalla sua abitazione in Via Decime, torturato nelle carceri di Mirandola, non fornendo nessuna informazione viene fucilato. A lui sono intitolate le scuole medie di Concordia. Insieme a lui viene fucilato anche il fraterno amico professor Roberto Seracchioli, professore del Liceo Classico di Mirandola.
Il 30 settembre del ‘44 nel piazzale del “casone” di Don Zeno a San Giacomo Roncole vengono impiccati 6 partigiani, tra questi vi è il concordiese Alfeo Martini.
Nato a Vallalta nel 1907, maestro elementare, si afferma nella scienza grafologica tanto da essere chiamato come rappresentante dell’Italia nel Consiglio della “Societe grafologique” di Parigi, dove tiene famose relazioni. Per i suoi ideali di libertà e giustizia si oppone al regime fascista. Il 24 marzo 1944 viene arrestato per la prima volta ma fugge dall’ospedale militare di Modena dove era ricoverato perché ferito ad una guancia. Nella primavera del ’44 entra nelle file partigiane della “Brigata Italia” di Ermanno Gorrieri, il comandante Claudio. Nel settembre del ’44 viene di nuovo arrestato, dopo essersi consegnato volontariamente ai fascisti che minacciavano di arrestare la famiglia presso la quale era nascosto a Casinalbo. Viene portato a Mirandola e consegnato alle SS tedesche che lo torturano prima di impiccarlo.
Nel novembre del ’44 i gruppi partigiani della bassa compiono diverse azioni.
Per rappresaglia tedeschi e fascisti organizzano il 27 e 28 novembre un imponente rastrellamento. A Concordia vengono catturati due dirigenti del movimento partigiano, Venizelos Bulgarelli “Carlo”, capo di Stato Maggiore della Brigata GAP della II zona e Isolino Roversi “Remo”, commissario dei GAP della II zona. Con loro sono fatti prigionieri anche Azelio Ballerini, Giuseppe Smerieri che nascondeva nella sua casa “Remo” e “Carlo”e ZdsaslawSlowackypartigiano polacco di 19 anni.
Sono portati all’albergo “La Plata”, dove vengono selvaggiamente torturati, colpiti da pugni e dai calci dei fucili. Portati a San Giovanni, con le braccia legate dietro la schiena con il fil di ferro, gettati da un camion davanti alla chiesa di San Giovanni e trucidati a colpi di mitraglia.
Ad Isolino Roversi “Remo”, 24 anni, che si era distinto nel corso di varie azioni di sabotaggioe negli attacchi alle caserme fasciste di San Possidonio e Concordia, viene intitolata la 14° Brigata Garibaldi che opera nella bassa ed assegnata la Medaglia d’Argento al Valor Militare alla Memoria.
Ogni giorno le donne “povere” di Concordia, si radunano davanti alle scuole elementari in attesa della distribuzione della brodaglia quotidiana. Ma il 9 febbraio del ’45, in mezzo a queste donne ce ne sono altre, come Gina Borellini, che cercano di diffondere l’idea che bisogna fare qualcosa per ottenere più pane per sfamarsi e più legna per scaldarsi, per porre fine a questa guerra ed all’occupazione nazi-fascista. Improvvisamente si leva un grido contro la guerra, poi un coro di voci femminili, contro la guerra e contro il fascismo, a loro si unisce anche chi si trova al mercato del venerdì. Ha poi inizio un corteo, formato da circa 200 donne, che dalle elementari arriva fino alla piazza, le donne entrano nel Municipio. Tra la meraviglia di tutti, due uomini escono sul balcone del Municipio ed iniziano il primo discorso antifascista dopo gli anni venti si tratta di Tommaso Caverni “Giuseppe” e Oreste Gelmini “Paolo”. E’ un discorso che chiede pace e libertà. I fascisti assistono allibiti, senza reagire.
Gina Borellini “Kira”, è di San Possidonio ma opera come staffetta prima e come partigiana dopo con il grado di capitano a Concordia. Viene catturata durante il rastrellamento del 22 febbraio del ’45 insieme al marito, subisce atroci torture ma poi viene liberata. Il marito invece, Antichiano Martini viene fucilato. Il 12 aprile durante uno scontro a fuoco con la brigata nera “Pappalardo” a San Possidonio, viene gravemente ferita ad una gamba, rifiuta i soccorsi dei compagni per non intralciarli, riesce a bloccare da sola l’emorragia ed a raggiungere l’ospedale di Carpi, dove le viene amputata la gamba.Nel 1946 viene eletta nel Consiglio comunale di Concordia nelle file del PCI e nel 1948 diventa la prima deputata modenese in Parlamento, dove rimane fino al 1963. Le è stata assegnata la medaglia d’oro al valor militare, nella motivazione si legge oltre al resto “Fulgido esempio di altruismo, di sacrificio e di eccezionale coraggio”.
Nella seconda metà del mese di febbraio, Concordia viene sconvolta dall’arrivo della 3° Brigata nera Pappalardo, un’unità particolarmente feroce e addestrata per la lotta contro la guerriglia. Approda a Concordia dopo essere stata cacciata da Bologna dal generale Von Senger, a causa del fanatismo dei suoi elementi. Il comandante è Francesco Edgardo Maria Pagliani, detto Franz, nato a Concordia nel 1904, discendente delle famiglie Mari – Muratori, laureato in medicina a Bologna, è membro del tribunale speciale di Verona che condanna a morte alcuni membri del Gran Consiglio del Fascismo che, nella seduta del 25 luglio 1943, avevano sfiduciato Benito Mussolini dalla carica di Presidente del Consiglio. Fra di essi anche il genero di Mussolini Galeazzo Ciano.
L’arrivo della Brigata nera porta ad un forte inasprimento della repressione nei confronti dei partigiani. La brigata nera rimane a Concordia fino al 14 aprile 1945. In questi due mesi circa, effettua 40 rastrellamenti con un totale di 800 persone arrestate. Non sono noti con precisione i numeri delle vittime della Pappalardo, un documento redatto dal CLN dopo la liberazione parla di una trentina di vittime a Concordia ed altrettante nei paesi vicini.
Sempre nel febbraio del ’45 i GAP (Gruppi d’Azione Patriottica) e le SAP (Squadre d’Azione Patriottica) della bassa modenese, vengono riorganizzate ed unificate con la creazione della 14° Brigata Garibaldi “Remo”, costituita da 5 Battaglioni territoriali. La zona di Concordia e San Possidonio unificata nel Battaglione “Carlo” è la più attiva della bassa, al 30 aprile 1944 può contare su circa 100 uomini. Per rendersi conto della differenza di forze, basta pensare che tutta la bassa presenta circa 200 uomini, di cui solo 25 a Mirandola e altrettanti tra Finale, San Felice e Camposanto insieme.
A Rino Gasparini “Aldo” viene assegnato il Comando della Brigata “Walter Tabacchi”, ma non passerà mai al nuovo incarico, perché per un tragico errore viene ucciso, dal fuoco amico di due partigiani. Nato a San Possidonio nel 1924, militare dell’esercito italiano dall’agosto ’43 fino all’8 settembre, a 19 anni entra a far parte dei GAP. Il coraggio e le capacità lo portano ai vertici del movimento e ad essere tra i protagonisti delle azione partigiane della zona, diventa comandante dei GAP di Concordia, San Possidonio e Cavezzo, poi di tutta la II zona militare, comprendente tutti i 9 comuni della bassa. Ad Aldo comandante della XII Brigata d’assalto Garibaldi “Remo” viene riconosciuto il grado di Maggiore dell’esercito e gli viene conferita la medaglia d’argento al valor militare. Gli vengono intitolate le scuole elementari di Concordia nel 1977.
La Battaglia di Concordia
La notte tra il 22 ed il 23 febbraio 1945 avviene l’assalto alla caserma della Brigata nera Pappalardo, posta nell’edificio delle ex scuole elementari di Via Garibaldi.
L’impresa viene effettuata dalle formazioni partigiane GAP e SAP della 1° e 2° zona (pianura carpigiana e mirandolese) con un totale di circa 300 uomini ed il supporto di armamenti forniti anche dalla 3° zona (pianura nonantolana), tra cui anche un panzer-faust (lanciagranate anti-carro) con relative munizioni.
La direzione dell’operazione è affidata a Umberto Bisi “Omar”, vice comandante della Brigata GAP “Walter Tabacchi” e la preparazione molto accurata richiede parecchie riunioni.
L’attacco ha inizio all’1.15 della notte del 24 febbraio, con il lancio di due bombe contro una postazione di difesa con due mitragliatrici, prima erano state bloccate le vie d’accesso alla caserma e minati alcuni tratti.
L’attacco dura mezz’ora e le armi automatiche ed i fucili scatenano “un vero uragano di ferro e fuoco” sulla caserma. Gli uomini della brigata nera si rifugiano nei sotterranei della scuola, da dove sparano all’impazzata e rifiutano la resa che gli viene intimata dai partigiani. Alle 2.30 il comando degli assalitori si rende conto che la presa della caserma è un’impresa impossibile, così alle 3.10 viene dato il comando di terminare l’assalto e lasciare le postazioni.
Anche se l’obiettivo finale di conquistare la caserma non viene raggiunto, questa azione ha un notevole impatto politico, dimostrando che la realtà partigiana nella zona è ancora importante, nonostante le azioni della “Pappalardo” per eliminarla. Inoltre incoraggia la popolazione locale a resistere in un periodo molto duro e difficile.
Per quel che riguarda le perdite, risultano infondate le voci che parlano di 40 morti e 70 feriti nelle file della brigata nera, i numeri reali sono invece di 6 o 7 morti e tra i 10 ed i 12 feriti. Si conta un solo ferito lieve da parte partigiana.
La repressione della brigata nera “Pappalardo” a seguito dell’attacco alla loro caserma è violentissima. Il giorno seguente viene dichiarato lo stato d’assedio, rastrellamenti, interrogatori, torture, si susseguono senza sosta.
All’alba del 25 febbraio, i fascisti effettuano un rastrellamento a Fossa, trascinano fuori dalle loro case gli abitanti del paese, gli uomini vengono portati tra il sagrato della chiesa e la canonica, mentre donne e bambini sono rinchiusi nella casa del sagrestano. E’ provvidenziale l’intervento del parroco di Fossa, Don Gino Pozzetti, che convince i repubblichini a desistere dalla loro azione ed a liberare tutta la popolazione.
I fascisti minacciano di incendiare Concordia. E’ l’intervento di Don Tosatti ad evitarlo dopo un drammatico scontro con Franz Pagliani, Monsignor Tosatti offre la propria vita come ostaggio e garanzia per la salvezza di Concordia.
Non riesce invece ad evitare la fucilazione sommaria che si compie il 25 febbraio, davanti al cimitero di Concordia, quando i fascisti fucilano i partigiani di appena 20 anni Migliorino Frati “Franco” e Realino Silvestri “Turiddu” ed il mirandolese Danilo Borellini di 47 anni. Monsignor Tosatti rimane loro vicino per cercare di confortali con la sua presenza.
Monsignor Luigi Tosatti, nato a Sorbara nel 1887, è parroco di Concordia dal 1934 al 1951. Si adopera per salvare partigiani e prigionieri sia italiani che stranieri. Finita la guerra è ancora molto attivo per cercare di moderare le tensioni tra le varie parti, in particolare in difesa di chi era sì stato fascista ma non si era macchiato di crimini.
A seguito di una delazione, la mattina del 10 marzo, una pattuglia di fascisti circonda un rifugio posto nei campi a Mulin di Mezzo. I sette partigiani che vi si trovano, vengono catturati e immediatamente fucilati nei pressi di quella che oggi è Via Cavazza. Le vittime dell’eccidio sono i fratelli Renè“Nello” e Reis “Tiro” Cavazza (da cui il nome della via) di 25 e 23 anni, Enea Besutti “Annibale” 24 anni, Giuseppe Gamberini “Nando” 24 anni, Novello Longhi “Ciro” 18 anni e Veleo Mambrini “Rito” 18 anni, tutti partigiani concordiesi. Insieme a loro Renato Grotti “Stelo” 21 anni nato a San Benedetto Po,ma residente anche lui a Concordia.
Nel pomeriggio dello stesso giorno, i fascisti tornano al Mulin di Mezzo, dove prelevano Ascanio Gelati e lo fucilano sul posto. Ascanio, fabbro di 57 anni, nonostante la non giovanissima età è un partigiano molto attivo della Brigata “Remo”.
Ancora al Mulin di Mezzo, il 14 marzo durante uno dei tanti rastrellamenti, viene catturata e fucilata la staffetta partigiana della Brigata “Remo”, Soave Capelli “Rina” di soli 25 anni.
Il giorno successivo viene catturato Silvano Marelli di Mirandola, entrato nella Brigata “Remo” nel dicembre ’44. Viene torturato ferocemente per cercare di ottenere informazioni sul movimento partigiano, ma senza risultati. Poche ore dopo viene fucilato davanti al cimitero di Concordia, ha solo 16 anni. Gli viene assegnata la Medaglia di Bronzo al Valor Militare alla Memoria.
La “Ca’ Bianca” è una delle più importanti base partigiane nella zona di Concordia, si tratta di una cascina sperduta nelle valli di Fossa, al confine con il mantovano.
La notte del 17 marzo 1945, vi si tiene una riunione a cui partecipano alcune delle più importanti figure della resistenza concordiese, che qui passano la notte.
Alle prime ore del giorno seguente, la casa viene circondata dai fascisti della Brigata nera “Pappalardo” con l’appoggio di tedeschi e fascisti di San Giovanni del Dosso, che stanno effettuando uno degli ennesimi rastrellamenti.
Lino Pederzoli “Dick” cerca di proteggere la fuga dei compagni, ma vedendosi circondato dai fascisti, spara fino al penultimo colpo, l’ultimo lo tiene per se stesso e si uccide al grido di “Viva l’esercito della libertà”.Nato a Mirandola nel 1923 era uno studente al quarto anno di medicina a Modena. Tra i primi ad entrare nel movimento partigiano ed a dare un forte impulso alla stampa clandestina. Diventa uno dei massimi dirigenti del movimento dopo la morte di Remo Gasparini.
Gli viene assegnata la medaglia d’argento al Valor Militare.
La mattina del 21 marzo durante un rastrellamento effettuato a San Giovanni, viene arrestato Giuseppe Tanferri. Riconosciuto come il partigiano “Paride”, il responsabile della sussistenza partigiana, viene portato prima nella caserma dei Carabinieri di Novi, poi il giorno seguente viene trasferito nelle celle appositamente allestite nell’Accademia di Modena. Qui iniziano i così detti interrogatori, che in realtà sono vere e proprie sedute di tortura, effettuate dalla “squadra dei massacratori” diretta dal colonnello Petti, con le direttive di non colpire il viso per non lasciare segni troppo evidenti e di non far svenire i prigionieri troppo presto. Tanferri viene torturato per una settimana e porterà per tutta la vita i segni di queste torture sul viso e sulla schiena. Nel dopoguerra, l’ex comandante Paride rinuncia alla vendetta, anche quando gli sarebbe stata a portata di mano. Viene eletto primo sindaco di Concordia del dopo guerra e diventa poi presidente della CPL a cui dedica anima e corpo. A lui è intitolato il parco sorto nella zona delle ex scuole elementari.
Ancora in marzo, avviene uno dei più imponenti rastrellamenti nel concordiese. Il 29 marzo, le SS e i fascisti delle brigate nere, partono da Zambone coprono tutta la zona di confine tra Modena e Mantova, tutti gli uomini ed i ragazzi vengono trascinati via dalle proprie case per essere radunati nella corte di Vittorio Pinotti in Via Rocca a Vallalta. Sono 250 le persone catturate, una parte viene inviata a Mirandola per ulteriori interrogatori, mentre le circa 30 persone ritenute più pericolose vengono malmenate, rasate a zero e rinchiuse in una cantina in attesa di essere processati. Il rastrellamento si conclude la mattina seguente quando i nazifascisti tolgono le mitragliatrici piazzate nell’aia e se ne vanno senza, per fortuna, lasciare vittime.
Tra i 30 mandati a processo vi è anche Don Marino Morandi, parroco di Santa Caterina, uomo molto generoso e disponibile, collaboratore dei partigiani, nasconde nel sottotetto della chiesa alcuni giovani renitenti alla leva. Per farlo parlare gli vengono pestati i piedi con una mazza, ma invano. Viene poi trasferito a Sant’Eufemia a Modena, dove è sottoposto a ulteriori torture ed interrogatori. Viene liberato per intercessione del Vescovo Monsignor Dalla Zuanna.
Concordia è medaglia di bronzo al Valor Militare
La liberazione ufficiale di Concordia avviene lunedì 23 aprile 1945, quando al mattino un soldato americano a bordo di una jeep entra a Concordia, accolto dal CLN, dalla popolazione e dai partigiani, tutti in festa. Il resto della compagnia americana arriva nel pomeriggio e si sistema presso la Sfilza a Santa Caterina.
Il 26 marzo 1946 viene eletto il nuovo sindaco e consiglio comunale.
Il 13 ottobre 1984 viene assegnata a Concordia la Medaglia di Bronzo al valor militare, con la seguente motivazione “La popolazione di Concordia con sublime slancio patriottico sostenne coraggiosamente le proprie forze partigiane e senza mai piegarsi sopportò stoicamente atroci rappresaglie, distruzioni e privazioni per il trionfo della libertà e della giustizia”.
In precedenza Concordia era stata proposta per l’assegnazione della Medaglia d’Oro (poi non assegnata) con la seguente motivazione “Dalle sue operose borgate e dai casolari contadini che per decenni erano stati teatro di tenace predicazione e di dura battaglia per il riscatto del lavoro, nella distesa pianura dove unico riparo opposta alla furia nemica era il muro incrollabile del valore di gioventù audace sorretta dal generoso sacrificio di una intera comunità: Concordia seppe trarre a forza per combattere con le genti dei comuni vicini l’impari lotta senza nulla concedere al nemico nazifascista che col terrore e la distruzione tentava vanamente di piegarla. I suoi morti, i torturati, i feriti, i combattenti della Brigata “Remo” furono e rimarranno altissima testimonianza di coraggio e di eroica fede nella causa della libertà e della giustizia sociale”.
Concordia nel dopoguerra
Negli anni ’50 del 1900, terminati i lavori di bonifica dalle acque ed in particolare di ampliamento degli argini della Secchia, che hanno dato lavoro a centinaia di braccianti ad inizio secolo ed essendo i poderi agricoli troppo piccoli per dare lavoro a tutti i componenti delle famiglie, a Concordia ed in tutta la bassa, inizia l’esodo dalle campagne verso le città industriali del nord, il centro Europa e l’America. Gli abitanti di Concordia scendono da 11.000 a 9.200. L’esodo continua fino agli anni ’70, con una popolazione che si attesta sui 9.000 abitanti.
Nei primi anni del secondo dopo guerra ha un’importante evoluzione uno dei mestieri più antichi di Concordia: “al sabbiuner”, che consiste nel recuperare la sabbia depositata sul greto della Secchia e portarla al di fuori degli argini tramite carriole e birocci. La sabbia veniva poi utilizzata nelle lavorazioni dell’edilizia. L’evoluzione è la realizzazione di una rotaia che collega l’alveo del fiume al ponte, sulla quale viaggiano dei vagoncini trainati da un motore elettrico tramite un cavo d’acciaio per il trasporto della sabbia.
Dal 1 al 4 ottobre 1953 si tiene a Concordia il 6° Congresso Eucaristico Diocesano.
Il Dancing “La lucciola” inaugurato il 5 dicembre 1953 è stato un punto di riferimento per i giovani di tutta la bassa, che iniziando a vedere l’uscita dalle difficoltà e dalla miseria della guerra, avevano voglia di divertimento e svago. Viene demolito nel 1998. Di qui passano tutti i cantanti italiani più noti.
Nell’aprile del 1960 la Secchia esonda a Limidi e Sozzigalli, entro 24 ore le acque arrivano a San Giovanni. Alcune ore dopo l’argine viene rotto a Bondanello. San Giovanni era stato coinvolto anche nell’alluvione del 1944, quando il 28 ottobre la Secchia aveva rotto gli argini in 3 punti e San Giovanni era stata allagata fino alla provinciale per Novi. Una curiosità, a seguito dell’allagamento, un camion tedesco carico di balle di tabacco si rovescia, perdendo tutto il carico. La notte, la popolazione locale ne approfitta per impossessarsi del tabacco, il giorno seguenti i tedeschi cercano di rintracciare i responsabili ma senza risultato.
Fino agli anni ’70 sono una decina i caseifici per la realizzazione del Parmigiano-Reggiano esistenti nel territorio comunale. L’unico rimasto ancora in attività è il caseificio San Paolo, costituito nel 1965 dai soci provenienti dall’ex caseificio sociale “Canonica”.
Lo sviluppo economico di Concordia
Negli anni ’80 lo sviluppo economico si manifesta anche Concordia, con la crescita delle attività artigianali, il proliferare di laboratori di maglieria e confezioni, l’insediamento di nuove attività industriali e l’ampliamento di quelle esistenti, che porta a Concordia molti immigrati dal sud Italia e a partire dagli anni 2000 anche molti immigrati da paesi africani ed asiatici.
Si ricordano di seguito alcune tra le più importanti attività industriali che hanno visto la luce a Concordia, anche se alcune sono state trasferite o addirittura chiuse:
- Il 23 aprile 1899 viene costituita la “Associazione fra gli operai braccianti dell’ex mandamento di Concordia” in forma di società cooperativa, sottoscritta da 382 lavoratori. Nei primi anni del ‘900 si occupa di tutte le attività inerenti il contenimento delle acque, in primis gli argini del Secchia, con oltre 1.500 lavoratori. Negli anni ’30 cessa l’attività per mancanza di lavoro a causa della crisi economica, ma non si scioglie e riprende l’attività nell’immediato dopo guerra. Nel 1948 la ragione sociale viene modificata in “Società Cooperativa a responsabilità di produzione e lavoro di Concordia”, in breve “CPL” dedicata alle lavorazioni stradali. Negli anni ’60 il mercato delle lavorazioni stradali è in crisi, avviene così il passaggio alla costruzione di reti per la distribuzione del gas metano, la svolta che porta CPL ad essere il colosso di oggi.
- Sempre nel 1899, con atto statutario del 4 novembre stilato da Edgardo Muratori, nasce la Cooperativa Muratori di Concordia, su iniziativa di 38 concordiesi. Uno dei principi fondamentali era la mutua assistenza morale e materiale tra i soci. Tra gli edifici più importanti costruiti da ricordare, la Cantina Sociale, il Consorzio Agrario e le case popolari.
- “Ingra Brozzi”, lo stabilimento di Concordia èoperativo dal 1970 ed è dedicato alla lavorazione dei sottoprodotti della macellazione suina destinati al mercato zootenico ed ai fertilizzanti. L’azienda è stata fondata negli anni ’50 dalla famiglia Brozzi di Cogozzo di Viadana (MN), dove è presente un altro stabilimento mirato alla realizzazione di prodotti per l’industria alimentare e dolciaria in particolare.
- “Cucirini Rama” nasce nel 1971 come piccolo laboratorio di produzione del cotone per abbigliamento. Nel 1980 avviene il passaggio industriale e la realizzazione di una nuova sede, diventando leader nel settore, con una occupazione di circa 50 dipendenti.
- “Martini Spa” nata nell’immediato dopo guerra come piccola azienda artigianale per la realizzazione di lampade. Diventa poi una delle più importanti imprese per la costruzione di lampadari, fino a raggiungere nel 2009 ben 170 dipendenti, per poi entrare in una profonda crisi, fino al fallimento nel 2018.
- “Baroni Spa” nasce nel 1966, cresciuta fino ad avere collezioni di maglieria e capi d’abbigliamento con il proprio marchio. Arrivata ad avere 55 dipendenti e 250 collaboratori ed una serie di negozi monomarca, compreso uno showroom a Milano.
- Nata nel 1954 con il nome di “Olmar” come laboratorio di capi per bambini, si è poi trasformata in un’azienda di capi per donne, arrivando fino ad un massimo di 200 dipendenti negli anni ’60. Diventa “Olmar and Mirta” nel 1997, attualmente Owenscorp Italia.
- “Digitek”, fondata nel 1983 come azienda per la progettazione e produzione di strumentazione elettronica. Partita da un garage, in pochi anni è cresciuta fino a diventare un’azienda da oltre 150 dipendenti, con due sedi a Concordia, una dedicata alla ricerca e sviluppo dei prodotti ed una alla loro produzione, dotata di macchinari all’avanguardia nel settore elettronico. Prodotti di punta sono diventati i quadri di bordo e le centraline elettroniche per il mercato automotive ed agricolture. Nel 2008 l’azienda è stata acquistata da MTA Spa di Codogno (LO). Il terremoto del 2012 ha reso inagibile la palazzina sede della progettazione e a partire dal 2014 è stato chiuso anche lo stabilimento produttivo, trasferendo il tutto in una nuova sede presso Rolo (RE).
- “Cooperativa edilizia Batea”, nata il 20 agosto 1949 per opera di 19 braccianti, 3 terrazzieri e 3 manovali, con lo scopo fondamentale di garantire l’occupazione ed il miglioramento delle condizioni dei lavoratori. Grazie all’esperienza maturata all’interno della Batea, molti soci sono poi diventati imprenditori.
- L’attuale edificio della “Cantina sociale” di Concordia viene costruito nel 1932, per volere del Consorzio provinciale per la Viticoltura, in precedenza una cantina sociale era operativa fin dal 1905 in via Paglierine, nella ex area Polenghi. Il nome ufficiale è “Enopolio Consortile di Concordia” di proprietà del Consorzio Agrario Provinciale ed inizia l’attività con la vendemmia del 1940. Nel 1955 si costituisce la “Cooperativa Agricola Cantina Sociale di Concordia” che acquisisce la cantina dal Consorzi Agrario. Nel 1980 viene effettuata la fusione con la Cantina Sociale di Carpi per poi passare nel gruppo Cantina di Sorbara.